Ardea spiega: le lucciole, insetti romantici sempre più rari. Ecco cosa sapere sulla loro presenza in Campania

Le lucciole sono gli insetti che contornano le notti estive di atmosfere fiabesche e surreali. Sono coleotteri appartenenti all’ordine dei Lampiridi, un tempo ampiamente diffuse, oggi è facile che un cittadino qualsiasi affermi “non ho mai visto una lucciola”. La scomparsa di questi animali, ancora molto comuni nelle aree meno urbanizzate,  è dovuta all’eccessivo inquinamento luminoso. La bioluminescenza delle lucciole, infatti, è fondamentale nella fase del corteggiamento, che non può avvenire lungo strade illuminate.

Ma come si illuminano le lucciole? Sono dotate di organi fotogeni, situati negli ultimi segmenti addominali dell’animale, a contatto con trachee, terminazioni nervosi e fasci muscolari. Al loro interno avviene una reazione chimica che coinvolge ossigeno, ATP, la luciferina e l’enzima catalizzatore luciferasi. Si forma un complesso ossidato, con produzione di anidride carbonica, che rilascia un elettrone. È proprio il rilascio dell’elettrone che genera la luce. La funzione della luminescenza è fondamentalmente di corteggiamento: maschi e femmine lampeggiano secondo una sincronizzazione caratteristica per ogni specie.

Foto di Roberto Cordovani

Nel sud Italia, le specie più comuni di lucciole sono tre, ma nel mondo ne esistono circa 2000. Quando maschio e femmina si incontrano, dopo la loro lunga e romantica danza d’amore, avviene l’accoppiamento. Le differenze tra i due sessi rappresentano un’altra importantissima caratteristica di questi insetti. Hanno infatti un elevato dimorfismo sessuale, cioè maschio e femmina sono molto diversi. Fondamentalmente, le femmine hanno ali atrofizzate o poco sviluppate, quindi le luci che vediamo lampeggiare a mezz’aria sono tutti maschi.

Nel genere Lampyris la differenza è molto marcata: la femmina è molto più grande del maschio, e conserva un morfologia larviforme. Dopo l’accoppiamento, il maschio muore, seguito dalla femmina dopo la deposizione delle uova. Un amore breve, ma intenso. Le larve delle lucciole svolgono una vita completamente diversa dagli adulti. Sono carnivore e voraci predatrici di lumache e anellidi, mentre gli adulti si nutrono di polline o di nulla. Sono provviste di robuste mascelle con cui si ancorano alla preda, che viene poi semiparalizzata da un apposito liquido, e sciolta con un’ulteriore soluzione enzimatica. La larva, come in un film horror, si nutre della lumaca mano a mano che ne sciogli i tessuti. Dopo uno o due anni, a seconda della specie, e quattro mute, la larva si impupa e si trasforma in adulto

Foto di Stefano Erbaggio

quando la temperatura sarà abbastanza alta da consentirlo. Sono animali estivi, ma al livello del mare possono trovarsi già a inizio maggio.

L’inquinamento luminoso non è l’unico nemico delle lucciole: anche l’inquinamento atmosferico ne mette in pericolo la sopravvivenza. Quest’ultimo viene assorbito dalle lumache, la principale preda delle larve di lucciola, alle quali viene quindi trasmesso e che potrebbe impedire il passaggio alla fase adulta. Da ciò consegue che  la presenza delle lucciole è sintomo di buona qualità ambientale, sono infatti degli ottimi bioindicatori. L’utilità delle lucciole non si ferma qui.  La loro bioluminescenza è un esempio di efficienza energetica. Durante la reazione, infatti, meno del 10% dell’energia chimica diventa calore, ed il 90% diventa luce. Nelle lampadine ad incandescenza il rapporto è contrario. Il 10% dell’energia elettrica diventa luce ed il 90% diventa calore. È come se noi sprecassimo il 90% dell’energia che utilizziamo, mentre nel DNA delle lucciole sono contenute le informazioni per sfruttare al massimo tutta l’energia disponibile. L’estinzione delle lucciole coinciderebbe con la perdita di queste importanti meccanismi. È per questo che, nonostante già Plinio il Vecchio ne scrivesse, questi animali custodiscono molti importanti segreti ancora da scoprire e da tutelare.

Articolo Di Stefano Erbaggio

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