Ardea racconta: il Museo Zoologico di Napoli e le sue infinite meraviglie

Quando ci si addentra nel Salone Maggiore del Museo Zoologico di Napoli, si è avvolti da una duplice sensazione. Nel guardarsi intorno è impossibile non restare meravigliati dalla miriade di reperti che lo abitano. Nel piccolo atrio che precede l’enorme salone, si intravedono i reperti più vistosi: l’elefante, le tigri, il rinoceronte e di solito ci si accorge solo dopo qualche attimo di aver superato due denti di Narvalo incastonati in strutture marmoree dell’800, che decorano di scienza l’ingresso del museo e di immaginazione chi li osserva.

L’altra forte sensazione che si prova è dovuta alla disposizione dei reperti: le vetrine, i cartellini e le date riportate nei testi descrivono quanto si sta ammirando. Il percorso in queste stanze non è solo un viaggio nella zoologia, ma anche nella storia. Il museo, infatti, fu fondato nel 1813! Duecentodue anni in cui persone, zoologi e scienziati hanno collaborato e si sono avvicendati nella sua gestione e in quella della sue collezioni, in una società che si è trasformata più volte fra guerre e periodi prosperi, monarchia e repubblica, periodi illuminati e crisi economiche.

Nel 1845 alla presenza del Re Ferdinando II fu inaugurato il Salone Maggiore in occasione del VII Congresso degli Scienziati Italiani. Un periodo decisamente difficile fu invece la seconda guerra mondiale quando furti e vandalismo mortificarono le collezioni che pochi anni prima avevano raggiunto il loro massimo splendore.

Nonostante le vicissitudini storiche, l’importanza delle collezioni e dei reperti che le compongono resta. Al momento la parte esposta è costituita soprattutto da vertebrati, in misura maggiore mammiferi e uccelli. Fra i reperti particolarmente interessanti c’è la Foca monaca catturata nel Golfo di Napoli nel 1884 e l’Okapi, rarissimo ungulato africano, scoperto nel 1901. La collezione più importante è senza dubbio quella di A. Costa (1823 – 1898), comprendente oltre 30.000 delicatissimi esemplari di insetti italiani ed esotici, non accessibili al pubblico ma oggetto di consultazione da parte di studiosi provenienti da tutto il mondo.

Il duplice valore storico e scientifico di ogni elemento del museo si percepisce lungo tutto il percorso: un ampio perimetro rettangolare nel Salone Maggiore consente di osservare i numerosi reperti all’interno e all’esterno delle vetrine, separati dai visitatori solo da un cordone. Ciò permette un contatto ravvicinato col reperto tale da potersi posizionare nei pressi della zampa dell’elefante e verificarne le reciproche proporzioni.   

 Invece, nel Salone Minore del Museo sono esposte centinaia di uccelli di cui quaranta esemplari di una prestigiosa collezione. Si tratta del mirabile lavoro di M. Schettino (1901 – 1937), il quale raccolse e imbalsamò le specie dell’avifauna italiana, comprese quelle rare ed accidentali. Purtroppo oltre la metà degli esemplari preparati da Schettino sono andati persi durante il periodo bellico.

Anche il materiale della Collezione Malacologica del Mediterraneo, oggi presente nel Museo, è ben poca cosa rispetto a quello originario, per i trafugamenti e i vandalismi che si sono verificati durante la seconda Guerra Mondiale. Ciò nonostante, la parte esposta della Collezione resta di notevole importanza perché è una rassegna esauriente delle specie viventi nel bacino del Mediterraneo. Tra i reperti più interessanti va annoverata la Patella ferruginea proveniente dal Golfo di Napoli, dove attualmente si è estinta. Un Diorama d’ambiente palustre litorale, realizzato nel 1990 dal tassidermista Vincenzo Cicala, ricostruisce una zona protetta in località Variconi, presso la foce del Volturno. 

Questo incredibile patrimonio non viene semplicemente conservato ma anche sapientemente utilizzato per diffondere cultura ad ogni tipologia di pubblico. Sono state predisposte, infatti, specifiche opportunità di fruizione, che si tratti di singoli visitatori, scolaresche di ogni ordine e grado o altre tipologie di gruppi in visita. È possibile fruire di laboratori tematici tesi alla manipolazione di oggetti utili a far comprendere il significato ed il valore dei reperti, visite guidate tematizzate come gli adattamenti degli animali, l’evoluzione e la sistematica. 

Da Ottobre 2013 il Museo Zoologico di Napoli collabora con l’associazione ARDEA per la ricatalogazione dei suoi reperti. Infatti, nel 2014 sono stati inaugurati sei nuovi spazi espositivi che hanno ospitato mostre tematizzate. A maggio è stata inaugurata la mostra fotografica “Sguardo sui cieli d’Europa” che ha portato alcuni reperti ornitologici fuori dalle vetrine. Attraverso le fotografie del socio ARDEA, Francesco Riccio, è stato raccontato quanto queste meravigliose specie siano legate a ciò che succede nelle nostre città. A Dicembre 2015, invece, è stata inaugurata l’esposizione degli “Anfibi della Campania”, che ha esibito i reperti e cartografato le distribuzioni di tutte le specie degli anfibi della regione. Gli allestimenti sono stati impreziositi da meravigliose tavole da disegno e dall’impegno del socio ARDEA Daniele Scinti Roger.

Queste esposizioni temporanee riescono a mettere in evidenza un aspetto per volta dell’immenso patrimonio naturalistico. I reperti possono veicolare informazioni utili accendendo un faro su temi specifici. Soprattutto il giorno dell’inaugurazione hanno il potere di avvicinare specialisti, appassionati e curiosi della materia che interagiscono tra loro, spesso in modo sinergico, scambiandosi informazioni distributive, aneddoti e curiosità. In questo modo i reperti “rivivono” collegando la natura del museo con le complesse problematiche di tutela ambientale che caratterizzano i nostri territori. Veicolare le conoscenze degli addetti ai lavori a chi, superato l’ingresso, resta rapito dalle bellezze del mondo, raccolte nel tempo e racchiuse in una stanza delle meraviglie, è il miglior modo per far vivere i musei.

Articolo di: Rosario Balestrieri

Foto di: Francesco Valerio

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