Capri-revolution è un film di Mario Martone sulla Capri dei primi del ‘900, quando gruppi di rivoluzionari ed artisti si riunivano sull’isola in isolamento

Nel 1914 i socialisti italiani, per lo più associatisi all’internazionalismo pacifista, rimanevano legati a una neutralità di intenti nei confronti del conflitto mondiale e si schieravano con quelli che giolittianamente e cattolicisticamente ridefinivano l’identità politica italiana sulla scia interna pacificatrice del non interventismo. Il resto è storia che si intreccia alla pratica immaginativa del regista Mario Martone nel magistrale Capri-revolution.

Dall’agglomerato di gruppi pre-rivoluzionari russi che si riunivano nell’isola di Capri, spicca un medico napoletano, Carlo, interventista, scienziato, scettico e materialista. Un individuo dedito alla rivoluzione che partirà volontario per la guerra nella speranza che questa ribalti le sorti dell’umanità intera. Una sorta di riscatto politico e rivoluzionario dei popoli, la guerra come lotta di classe.

In Capri-revolution, il fascino del sogno che poi fu comunista emerge potente in tutta la pellicola senza soddisfare la ricerca di una forma rivoluzionaria corretta per affrontare i prodigi e gli orrori del nuovo mondo novecentesco.

Qui si inserisce senza dubbio e infedeltà al ruolo assegnatogli, l’artista pazzoide che vaga vestito da santone per i brulli e spigolosi monti capresi. Seybu, affascinante, bello, santo, una sintesi storica di quelle che furono figure di spicco del mondo artistico e filosofico del primo novecento. L’utopista Karl Wilhelm Diefenbach che ai tempi in cui è ambientati il film era ormai prossimo alla morte, e Joseph Beuys, l’artista filosofo, il predicatore, che nascerà solamente nel 1921. Un incontro di menti per dare vita a un personaggio quasi mitico, circondato da un’aurea salvifica e misteriosa.

Seybu prega le divinità folli dell’io, scava gli anfratti dell’umano bisogno, sperimenta le possibilità al di là della scienza, nuota nelle profondità delle grotte di Capri, si arrampica impavido sugli spuntoni aguzzi, medita la nuova filosofia, ricerca la realtà organica, la verità incontaminata della natura, eppure sono i suoi stessi adepti a sfuggirgli.

Ma la vera e assoluta protagonista della pellicola rimane la capraia Lucia, la cui metamorfosi da vacillante figurina incastrata in un mondo di ignoranza e superstizione a madonna educata e educatrice, illuminata e illuminante, stordisce lo spettatore fino a titubare di ciò che ha visto.

È possibile che la filosofia, l’arte, l’umana natura e la natura stessa siano insieme causa e conseguenza della realtà? Può una lampadina accendersi grazie ad un limone? E la scienza è un inganno o l’inganno è nell’illusione stessa della scienza?

Mentre il rigoroso uomo di scienza, Carlo accusa e sospetta Seybu osserva e aspetta il mutamento quale conferma di una verità più profonda della scienza stessa. Capri, diventa così il punto di arrivo di artisti, poeti, filosofi, socialisti e anarchici, che male si inseriscono nelle comunità native di isolani rozzi e ancorati ad una civiltà arcaica. Tra il 1905 e il 1940, Capri è un laboratorio a cielo aperto, esplorazione politica e miraggio artistico, esperimento pratico del rifiuto storico di movimenti ideologicamente schierati.

Capri-revolution è un film estetico, luminoso e femminile. Riproduce un taglio netto di colori tra rosso e blu ma finisce per mescolarsi in un tepore visivo incarnato dalla conciliazione del personaggio più lungimirante. Tra il socialismo scientifico e l’utopia artistica si erge progressivamente l’Allieva e poi la Musa. E lì rimane fino a che non si spengono le luci.

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