Breve itinerario alla scoperta dei chiostri minori di Napoli
I polverosi chiostri Serbaro occulti, generosi e santi Detti degli avi. (G. Leopardi)
Le chiese conventuali furono crocevia di fedeli e religione, ma anche il confine tra lo status di isolamento del clero e il mondo laico, i chiostri a loro volta segnarono il luogo privilegiato del sacro all’interno dell’ambiente monastico la cui soglia, negata ai più, era varcata solo da pochi prescelti. Dal punto di vista architettonico, il chiostri (dal latino claustrum, serrame o luogo chiuso, der. di claudere, chiudere) costituivano un’area intorno a cui erano disposti stando a un ordine comunemente accettato le varie parti del complesso monastico.
Cortile interno di un monastero, compreso tra la chiesa e i vari fabbricati monastici dei quali costituisce l’elemento di comunicazione e di disimpegno, cinto da porticati. (Enciclopedia Treccani)
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Lo spazio claustrale divenne così, simbolicamente e strutturalmente, il fulcro della vita monastica e della vita religiosa a Napoli, città nella quale il fervore devozionale fu sempre avvertito e vissuto con tanta intensità, specie dal popolo. La pietà religiosa di sovrani e aristocratici, dagli Angioini ai Borbone, rese possibile l’edificazione di vere e proprie città monastiche, promuovendo la diffusione degli ordini religiosi maschili e femminili, offrendo loro potere e ricchezza in cambia di una stretta alleanza a sostegno della corono secondo un celato patto siglato in cuor di Dio.
Appartati quanto affascinanti, i chiostri di Napoli equivalgono a un inestimabile patrimonio storico artistico, non sempre valorizzato, sono la traccia e la testimonianza della vitalità e dell’importanza della vita religiosa napoletana dal XI al XIX secolo. Durante il viceregno spagnolo poi si ebbe il momento di massima espansione degli ordini religiosi, il territorio di Napoli giunse a contare ben 70 monasteri maschili e 22 femminili. Oggi invece? Oasi di pace e raccoglimento, si presentano anche come musei a cielo aperto che custodiscono e tutelano le opere dei maggiori artisti medievali e moderni. Dal moanstero di S. Severino e Sossio a Santa Chiara, da San Lorenzo a San Martino, fino a San Gregorio Armeno: questi tra i più celebri. Ma mia intenzione è invitarvi alla riscoperta di alcui chiostri considerati minori, ma non per questo meno interessanti, ricchi di storia e cultura, e con nuove inaspettate funzionalità, i chiostri di ‘casa mia’.
Chiostro di San Sebastiano
Si situa all’interno del Convitto Nazionale, in Piazza dante, risale probabilmente al XIII secolo, epoca in cui si datano le 25 colonne del portico, di stile diverso, secondo un insolito progetto architettonico rimasto anonimo, con arcate a sesto acuto. Lisce, tortili, ottagonali, esse si poggiano su di un muretto e sorreggono il corpo di fabbrica superiore, similmente aperto a loggia, con pilastri a tutto sesto, edificato successivamente. Risulta essere il più antico della città ed è propriamente romanico: un elemento non diffuso nel panorama architettonico della città. Al momento il chiostro è parte del Complesso del Convitto Nazionale e viene usufruito come spazio per concerti di musica classica all’aperto.
Chiostro di San Domenico Maggiore
I chiostri di San Domenico sono annessi al grande complesso religioso, dalle forme gotiche, voluto da Carlo II d’Angiò ed innalzato tra 1283 e il 1324 dai Domenicani. Un tempo questi luoghi furono il centro della cultura napoletana. Vi insegnò Teologia Tommaso d’Aquino, vi studiarono Giovanni Pontano e Giordano Bruno. Il chiostro di San Tommaso è quello originario, adibito oggi a palestra dell’Associazione sportiva “Virtus Partenopea”. Il chiostro di San Domenico, il cui ingresso è fronte a quello del chiostro di San Tommaso, viene detto anche “chiostro delle statue” vista la presenza, agli angoli dell’area verde centrale, di quattro statue provenienti dalla non più esistente chiesa di San Sebastiano, l’unico dei tre rimasto sotto la competenza clericale. Il chiostro grande, infine, è oggi adibito a sede dell’istituto “Casanova”. Di forma rettangolare, datato all’epoca rinascimentale, vanta la presenza della cella che ospitò Giordano Bruno durante gli anni dei suoi studi in convento. Il porticato, di cui è rimasto intatto solo un lato, è distinto da volte a botte. I pilastri con capitelli tuscanici sono sormontati da archi a tutto sesto e reggono un corpo di fabbrica sul quale si aprono le finestre delle aule. In origine la dimensione del chiostro risultava essere talmente estesa al punto da raggiungere via San Sebastiano, pressoché a metà strada tra port’Alba ed il monastero di Santa Chiara.
Chiostro di Donnaregina
Di epoca settecentesca, è annesso alla antichissima chiesa, fondata nel VIII secolo da monache basiliane. Costruito successivamente il convento, l’intero complesso religioso conobbe la sua notorietà nel corso del XIV secolo, epoca a cui si vuole la realizzazione del chiostro gotico, raggiungibile dalla chiesa sita a largo Donnaregina. Il chiostro settecentesco, detto dei marmi, forse creazione del Sanfelice, si ubica di fronte alla facciata della chiesa e si caratterizza per archi a tutto sesto e pilastri con specciature marmoree. Da più di un sessantennio è sede di un comando della Polizia.
Chiostro dei Santi Apostoli
Oggi sede del Liceo Artistico, è senza dubbio il più maestoso. Di pianta rettangolare, conta 19 arcate sul lato maggiore e 7 su quello minore. Fu portato a termine nel 1610 su disegno di Francesco Grimaldi. Abitato dai Teatini fino al 1809, data in cui l’Ordine fu soppresso, funzionò successivamente da caserma militare, poi a fabbrica di tabacchi, infine a istituto scolastico. Si arriva oltrepassando largo Donnaregina.
Il Chiostro di San Giovanniello
È situato all’interno dell’Accademia di Belle Arti in via Costantinopoli. Esso era parte del convento fondato nel 1597 dal nobile capuano Francesco del Balzo per la figlia che, giovanissima, aveva preso i voti. Celebre per la rigidità delle regole osservate, il monastero, intitolato a San Giovanni Battista, divenne fin da subito modello di vita claustrale. Vasto a pianta rettangolare, luminoso, arricchito da una folta vegetazione, il chiostro non è stato conservato nella sua originaria struttura in quanto il lato ovest fu inglobato nell’edificio ottocentesco destinato a scuola, costruito da Enrico Alvino. A seguito di quest’intervento il chiostro del convento, detto di san Giovanniello, venne diviso dalla chiesa di San Giovanni Battista delle Monache con la costruzione di via conte di Ruvo e incorporato sul lato occidentale nel nuovo edificio; tale intervento ne moderò le dimensioni. Intatte le grandi finestre in piperno.
Chiostro di Santa Teresa degli Scalzi
I due chiostri di Santa Teresa degli Scalzi furono eretti all’interno del palazzo aristocratico del duca di Nocera, acquistato nei primi anni del XVII secolo dal carmelitano scalzo Fra Pietro. Mostrano ambedue una struttura architettonica essenziale. Da ammirare nel chiostro grande, di pianta rettangolare, il pozzale in marmo al quale si giunge attraverso la chiesa situata in via Santa Teresa. Ora i chiostri sono di proprietà dell’istituto per non vedenti Paolo Colosimo. Il chiostro piccolo è stato trasformato e adibito a sala interna, la cosiddetta sala delle vendite, mentre il chiostro grande, a pianta rettangolare con splendido pozzo in marmo e ornato da alcune essenze arboree, non mostra modifiche sostanziali se non la chiusura mediante finestre delle arcate.
Chiostro di Mater dei
Di epoca settecentesca è a pianta quadrata, dotato di sei arcate per lato. Con la sua evidente austerità, il Chiostro di Mater Dei è forse uno dei rari esempi di architettura claustrale giuntoci intatto, per merito della cura e della dedizione delle monache che tutt’oggi vi dimorano. Lodevole è la soluzione della volta a cupola e il pozzale di piperno. Costruito nelle vicinanze della chiesa di Mater Dei , tra calata delle Fontanelle e via Santa Teresa degli Scalzi, fu affidato ai Padri Serviti fino all’epoca della prima soppressione. Esiliati i religiosi, fu adibito a caserma, ed in seguito affidato alle religiose. Durante il governo borbonico fu acquistato dalle Figlie dalla Carità, che lo destinarono ad educandato femminile, funzione che mantiene ancor oggi. Notevole è la scala a doppia rampa che dal chiostro conduce ai corpi di fabbrica superiori.
Chiostro del Gesù e Maria
Viene a trovarsi all’interno dell’omonimo ospedale e sull’omonima via proseguimento naturale di via Pontecorvo, risale alla prima metà del XVIII secolo. In principio era annesso al convento francescano, poi ospedale dal 1863 in seguito alla seconda soppressione. Indicata già in pessimo stato alla fine dell’Ottocento, nel 1979 la chiesa fu chiusa in quanto pericolante e colpita da vari furti. Il terremoto dell’anno successivo trascinò nell’oblio il tempio che fu depredato di molti arredi e opere. Nel frattempo anche l’ospedale è stato smantellato. La chiesa è stata riaperta eccezionalmente per il Maggio dei monumenti 2012, ma in attesa del completamento dei lavori di ristrutturazione e restauro delle decorazioni superstiti è incerta una sua nuova riapertura.
Chiostro di San Potito
Fu eretto nel 1615 lungo la strada detta dell’Infrascata, attualmente Salvator Rosa, che collegava il confine delle mura aragonesi con la zona collinare. Il disegnatore ingaggiato dalle monache fu Pietro Marino il quale disegnò un chiostro a due ali con la vista su due belvedere, l’uno su San Martino, l’altro verso il mare. Queste parti son ben conservate ma il piperno che abbelliva le finestre è stato ricoperto di vernice grigia dopo uno sbadato lavoro di restauro. Dopo l’espulsione delle monache esiliate a San Gregorio Armeno, tutt’oggi il complesso veste i panni di caserma militare.
Chiostro di Montesanto
Fu eretto intorno al 1646 per e sulla volontà dei Carmelitani, e su disegno di Pietro Marino. Situato all’interno dell’Istituto Bianchi, prestigioso collegio napoletano affidato ai Barnabiti dal 1870, è di forma rettangolare, circondato da sei arcate per otto, da oltre un secolo è il luogo di ricreazione degli alunni del collegio. Notevole è la scala con la balaustra di marmo e piperno che conduce ai corpi di fabbrica superiori. L’ingresso, rispettando i canoni architettonici seicenteschi, si colloca alla sinistra della chiesa.
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