Un libro nato per i dieci anni della rassegna Wine&Thecity. Scritto da diversi scrittori, per parlare della rassegna napoletana dedicata al vino
Ebbrezze letterarie per festeggiare i dieci anni della rassegna Wine&TheCity, la manifestazione enogastronomica che riempie ogni anno la nostra città di eventi che ruotano intorno a vino e cultura. Ebbrezze letterarie come un brindisi insolito. Diego Nuzzo:
Quando mi è stato chiesto di pensare a un degno modo per celebrare i dieci anni di ebbrezza creativa di Wine&Thecity, il più importante evento diffuso dedicato al vino, non ho esitato. La contaminazione, assieme al nomadismo, sono state le chiavi di volta della rassegna dalla sua prima edizione: e contaminare la narrativa con l’ebbrezza mi è sembrato il modo migliore per essere in linea con lo spirito della festa mobile.
Ebbrezze letterarie è, infatti, il titolo di una raccolta di racconti curata da Diego Nuzzo e pubblicata da Colonnese editore. Dieci racconti di dieci scrittori, un unico tema declinabile in infinite possibilità: l’ebbrezza – quella portata dall’alcol.
In effetti, tra le lettere della parola ebbrezza, nell’ombra vaga che essa lascia sulla carta, sono nascoste una serie di suggestioni disparate: la passione, l’euforia, la confusione, l’eccitazione, l’erotismo, la rabbia. E per esprimere questa diversificazione di significato, cosa c’è di meglio del tirare in ballo più persone, mettere loro una penna tra le mani e dire: “scrivimi dell’ebbrezza”?
Il risultato è ovviamente e volutamente vario, e costringe il lettore a piacevoli salti del proprio orizzonte di aspettativa, liberandolo dall’intorpidimento (non alcolico) che potrebbe attanagliare la struttura “racconti intorno allo stesso tema”.
Invece, proprio le infinite sfumature di questo stesso tema, pienamente espresse, cucite strette insieme da rapide ed essenziali storie, sono il punto di forza della raccolta. Essa, cioè, è forte laddove è varia: come un lungo bancone di un bar luminoso, dietro il quale sono allineati whiskey e vodka, vini e birre, tequila e grappe, etichette diverse, bottiglie alte e basse e larghe e strette e opache e trasparenti, piene, vuote o semivuote.
Il lettore non si può rilassare, né può abbassare la guardia: nel passaggio dai crudi toni pulp – uno schizzo di sangue come uno schizzo di vino – all’infinita tenerezza dell’amore materno – cin cin al nuovo arrivato! -; nel passaggio dalla torbida voluttà affogata nel vino all’euforica leggerezza di una bevuta in solitudine che sa di coccola, e non di tristezza; insomma nei salti veloci di brindisi in brindisi, di cocktail in cocktail, di rosso in bianco, il lettore si trova continuamente a mettere in discussione il proprio rapporto col testo, con quello che dal testo si aspettava due pagine fa e che ora è finito, sfumato, ed egli si prepara ad aspettarsi qualche altra cosa.
I racconti, si diceva, sono essenziali, e questa essenzialità non ha la secchezza informativa che potrebbe rischiare: inondata dal vino o dai superalcolici, risulta intrisa di una dolcezza narrativa che quasi si percepisce sul palato.
Ebbrezze letterarie lungo l’orlo del bicchiere
I dieci scrittori (Viola Ardone, Franco Arminio, Diana Lama, Diego Lama, Titti Marrone, Antonella Ossorio, Silvio Perrella, Pier Luigi Razzano, Eduardo Savarese e lo stesso curatore
della raccolta, Diego Nuzzo) comunicano tra loro attraverso il testo, pur raccontando situazioni e suggestioni diversissime e lontane; unificate dall’ebbrezza, le storie, che si elogiavano per la loro differenziazione, riescono a non oltrepassare il limite dal vario al confusionario, e a preservare il senso unitario che è quello di ogni raccolta di racconti, che sia a più o mani o opera di un singolo.
Infinite e confuse lettere all’umanità sotto l’effetto dell’alcol e dell’euforia visionaria; storie d’amore scritte e riscritte accompagnate da (troppo) vino bianco; uomini bambini che crescere non sanno e comici incroci di mogli e amanti; dolci perversioni di un vecchio messe a tacere dalla crudezza di una ragazzina; vetro e vino, sangue e risate, mal di testa e schiocchi di lingua. Ebbrezze letterarie è un campione immenso di umanità, ferma in bilico sull’orlo del bicchiere: talvolta si scivola dolcemente lungo la curva interna del calice e si finisce immersi nel dolce oblio del vino; talvolta invece si precipita dalla parte opposta, precipitando oltre il bicchiere e schiantandosi con risultati più o meno disastrosi. E si ricomincia così, per tutta la vita, sorso dopo sorso.