Il libro di esordio di Beatrice Morra, i Fiori del Giorno, una raccolta di racconti edita da Alessandro Polidoro Editore
Se la solitudine ti aggredisce tu immergiti nella folla. Il senso di isolamento è al centro della raccolta di racconti I Fiori del giorno, scritta da Beatrice Morra ed edita da Alessandro Polidoro Editore.
La mania della solitudine attanaglia il quotidiano dei personaggi protagonisti di vicende dense di introspezione. L’aridità dello spirito li piega al volere del destino. Così ogni piccolo racconto prende forma partendo da un piccolo punto nero, d’oscurità di ogni personaggio.
Vale la pena trattare le singole trame per permettere di comprendere il senso complessivo dell’opera.
Daniela è una trentenne malata di cancro che si è ormai isolata dal mondo in attesa della fine dei suoi giorni. La giovane è la prima vittima della mania della solitudine: “Finché era sola andava tutto bene”. Le sigarette sono le sue uniche compagne. Attraverso le sigarette osserva il mondo che “bolle” al di fuori del suo balconcino e trova la forza di fare la pace con la realtà.

Raccolta di Racconti scritta da Beatrice Morra.
Daniela decide improvvisamente che un vecchietto sarà suo amico. L’anziano sta in piedi in un vicoletto e tiene in mano dei fiori. Egli resta in attesa di qualcosa o di qualcuno. Ogni sera la ragazza lo vede mettere da parte un mazzo di bellissimi fiori invenduti. La donna respira attraverso l’immagine di quell’uomo lo stesso senso di smarrimento che prova lei nei confronti degli altri, nei confronti della vita.
I miti di fondazione avvolgono le vicende di tre fratelli che condividono lo stesso tetto (una villa fredda e polverosa) ma sono separati nello spirito. Riccardo invece è stato cresciuto da una famiglia che lo ha pressato. La famiglia vuole essere assolutamente orgogliosa di lui e così gli combina un matrimonio con la figlia di un ricco avvocato, Annarita. Ma Riccardo si innamora di Rosalba e ne fa la sua amante. Annarita sposa Jacques, un gigolò che rovinerà la sua vita dilapidando tutta la sua fortuna. Il mito di fondazione gira anche attorno alla sirena Pathenope. La storia della sirena si intreccia con la vicenda di Margot (la figlia di Annarita) che non è cercata da suo padre (Jacques).
I Vagabondi deambulano per le stanze dell’anima in cerca di un appiglio. Luca rinasce quando viene alla luce sua figlia Cristina. Non ama la compagna Anita. La vita di Luca è triste ed emotivamente distaccata.
Un Tibetano a Napoli è l’espressione massima del senso di smarrimento. L’uomo intreccia grilli e uccellini a Napoli centro. Orfano dall’età di quattordici anni, usa l’intreccio per ricordare il suo passato. La gente che passa accanto al suo banchetto di ambulante gli dimostra il proprio affetto.
Giuliana era una bambina silenziosa, sorella dei tre negozianti. La giovane è costretta ad andare a lavorare in pescheria con i suoi fratelli. Non avrà mai bambini lei che amava il profumo delle erbe aromatiche.
Maddalena era una bimba che viveva al Borgo Marinari. I ragazzini del posto giocavano con lei e Andrea se ne era innamorato. Il ragazzo lavora come pescatore e Maddalena gli si avvicina raccontandogli la sua dolorosa storia.
Rino è un ragazzo a cui piace molto giocare a pallone. Era il suo unico desiderio. Poi Rino abbandona improvvisamente il pallone e perde un anno a scuola. La sua rabbia è troppo forte e per questo comincia a sbollirla picchiando le persone all’uscita delle discoteche.
Daniela, ancora chiude la raccolta e ci riporta alla vicenda del vecchietto che tiene in mano i fiori invenduti. Egli era innamorato di una ragazza, Maria. I due si sposano e lui ogni giorno aspetta di portarle a casa i fiori invenduti. Maria muore e il marito continua a portarle i fiori al cimitero.
I racconti de I fiori del giorno, non sono semplici agglomerati di parole, narrazioni fantasiose che si dipanano partendo dall’immaginazione, ma veri e propri stralci di vita, che nascono da espressioni del viso, piccoli dettagli, “malattie” della pelle, dell’anima, del cuore. Storie singole, ma che si intrecciano meravigliosamente portandoci ad intuire che la raccolta può, e deve, funzionare sia presa nelle sue singolarità sia nella sua totalità.
Una trama fitta che si dipana pian piano dinanzi ai nostri occhi e rivela sensazioni di malinconia e confusione che colpiscono i nervi del lettore, mentre l’abilità scrittoria di Beatrice Morra, permette la giusta immedesimazione che serve a far provare dolcezza e comprensione per le vite dei personaggi che sembrano respirare fuori dalla carta.
Il linguaggio fluido e la narrazione abile fanno di questa raccolta un prezioso scrigno di estratti di realtà, di gocce di sudore e lacrime. Di vita.