Nel giorno della presentazione di Gesù al Tempio, il 2 Febbraio, la “Juta dei Femminielli” diventa un atto di amore
Il tempo dell’inverno: è questo a cui, in molte zone dell’Italia settentrionale, viene associato il giorno della Candelora, nome con cui è nota la festa cristiana che ricorda la presentazione di Gesù al Tempio.
Se la vien con sol e bora
de l’inverno semo fora.
Se la vien con piova e vento
de l’inverno semo drento
Ma nel cuore dell’Irpinia, sul Massiccio del Montevergine, dove sorge l’omonimo Santuario, la Candelora si veste di significati diversi: leggende, ritmi ossessivi e vestiti sgargianti sono le caratteristiche di un rito più antico del Cristianesimo. Il termine “Juta”, nella religiosità meridionale, sta ad indicare un pellegrinaggio con cui i fedeli omaggiano Mamma Schiavona, la Madonna Nera, una delle Sette Sorelle, la “Vergine brutta” che giustifica la sua fuga sull’alto monte in questo modo:
…si jo song brutta allora loro hanna venì fino è ca ‘n goppa a me truvà!
Il culto della Madonna di Montevergine, tuttavia, risale molto più in là nella storia, al tempo in cui sui monti irpini si onorava Cibele, dea della fertilità: i suoi sacerdoti, tutti eunuchi, la onoravano al ritmo ossessivo di tamburi e, solo con l’avvento del Cristianesimo, il Santuario fu consacrato a Maria.
Con il tempo Mamma Schiavona è diventata la Madre degli ultimi, degli emarginati, degli esclusi. Ed è diventata anche la mamma dei “femminielli” – ovvero gli omosessuali nella cultura partenopea – che, ogni 2 Febbraio, salgono il monte per renderle omaggio. La tradizione sembra affondare le sue radici nella seconda metà del XIII secolo: si racconta che, durante una bufera di neve, due amanti sorpresi durante un amplesso omosessuale furano lasciati morire di fame e di freddo imprigionati ad un albero tramite lastre di ghiaccio; la Vergine però intercesse, salvandoli da morte certa grazie ad un raggio di sole improvviso che sciolse le lastre, liberandoli.
Ogni anno quindi, il 2 Febbraio, si ricorda questo grande atto di amore: è un giorno di sacrificio, durante il quale i pellegrini salgono lentamente le pendici del monte, in un silenzio quasi sacro e con grande partecipazione emotiva. Il silenzio è rotto solo una volta arrivati sul piazzale del Santuario, dove tutti insieme i fedeli si lasciano andare a balli e canti sfrenati, quasi come fosse un rituale liberatorio, quasi come se solo lì fosse consesso.
Perchè si sa, Mamma Schiavona è “colei che tutto concede e tutto perdona”.