Raccontare le storie che si celano dietro i suggestivi vicoli di Napoli non è semplice, soprattutto se lo si fa con la musica. Marilù Poledro, però, con grande bravura e ricercatezza, riesce alla perfezione nel suo intento col disco “Avesseme Furtuna”.
Quando ci si addentra nel cuore di Napoli è come se si entrasse in una nuova dimensione. Il profumo di salsedine che si mescola all’odore del cibo; mille colori diversi insieme, sentendosi come se si stesse in un dipinto. E quando ci si trova davanti a un’opera d’arte simile si pensa sia impossibile descriverla con suoni e parole, ma non è così. Marilù Poledro lo fa e in maniera egregia, racconta le storie e le contraddizioni di quei luoghi con maestria nel disco “Avesseme Furtuna”, uscito il 3 febbraio.
Sono undici le canzoni presenti nell’album. Una che merita una menzione particolare è Femmene, la seconda nell’ordine. Tammorra, chitarra e fiati fanno da cornice a tratti lieta per una storia disperata: quella delle donne vittime della possessività di chi dovrebbe stare al loro fianco, trovando così, purtroppo, anche la morte. Questa dicotomia netta tra testo e musica è simbolica, ricalca maggiormente la contraddizione che si cela dietro queste storie e, forse paradossalmente, è proprio questo distacco che fa emergere la loro gravità.
Avesseme Furtuna è il brano che più mette in luce le grandi capacità canore dell’artista. Nelle due canzoni precedenti la voce era passionale e graffiante, qui invece inizia con l’essere soave e delicata. Il suo è un canto particolare che dialoga magistralmente con tutti gli strumenti che l’accompagnano e lo fa in ogni circostanza, riuscendo così ad avvolgere l’ascoltatore in qualsiasi atmosfera ricreata.
Il lavoro discografico di Marilù Poledro è uno di quelli che meritano di essere ascoltati con attenzione. Sono canzoni che non possono essere usate come sottofondo mentre si è impegnati a far altro. La ricercatezza del suono, la ricchezza di sfumature della voce sono solo alcuni dei tanti motivi per ascoltare quest’album.