Nanoracconti, la realtà letteraria nata da un’idea di Pietro Damiano, apre la sua rubrica tematica su Terre di Campania. Secondo input: ‘A panz’ è panz’

È questione di battute. 250. Gli spazi? Inclusi. Il titolo? Escluso. E poi? E poi sembra impossibile: si sfora, si cancella, si asciuga ed eccolo: il nanoracconto. Però ricorda, non sono stati d’animo, sensazioni, battute o barzellette, sono vere e proprie storie che intrappolano gli autori in una assurda sfida con se stessi e lasciano i lettori dapprima perplessi, poi incuriositi e infine affascinati, fino a diventare loro stessi autori. Ecco la magia dei nanoracconti.

Questo l’incipit dei Nanoracconti, un’idea di Pietro Damiano, che ha trovato in Terre di Campania, la giusta vetrina per promuoversi e dar vita ad una serie di micro storie dedicate alla Campania.

Il tema di questo primo articolo, appartenente alla rubrica dedicata ai Nanoracconti è: ‘A panz’ è panz’.

Omo de panza, omo de sostanza di Alessandra Leonardi

Gita a Napoli da sola. Mesta esco dal Gambrinus con le sfogliatelle. L’incontro fu fatale: incastrati sulla porta. Scontro di panze. Crollano le paste, lui galante me le ricompra e mi offre un caffè. Amore a prima vista con l’uomo dei miei sogni.

A panz è panz di Raffaella Breglia

Sì, Claudia, alla fine l’ho lasciato. Continuava a ripetere che è stata soltanto una svista, ma svista di cosa? Quelle erano fette di ananas, le ha viste benissimo. Le ha ordinate. Sulla pizza, capisci? No, maro’, non ci potevo stare con uno così.

P’a faccia vosta! di Antonio Liccardo

PIL e crisi, Spread e tagli
fil’e uogli’e capa d’aglio
si preoccup‘a Merkèl
ammunnàte duje friariell
è l’Europa che c’ha chiest
père, muss’o tutt’o riest
sarzulell’e spaghettata
contr’o muro mo e chill’at
si ‘sta vita adda fa pena
voglio sta c’a panza chiena!

Anniversario di matrimonio di Giano Vander

Entrai e la trovai così, stesa sul tavolo. Guêpière e autoreggenti. Poi, parmigiana sul ventre, zeppole di San Giuseppe sui seni, sanguinaccio tra le gambe.
– Amore, ma…?
– Statte zitto e magname, puorc’!

L’attesa di Pina Morra

Meno venti, meno un quarto.
Uffa!
Intanto lei bolle già da un po’.
Meno dieci, non arriva ancora, uffa.
Sente farfalle nello stomaco, la testa gira.
Poi il citofono: “Mamy sto giù al palazzo, butta la pasta.”
“Finalmente, per poco non svenivo dalla fame.”

 

 

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