La città di Napoli, set ideale per ambientazioni Noir, è stata dipinta nella sua storia con tantissime sfumature eccellenti
Alti campanili, stretti vicoli deserti, un cimitero di teschi ignoti, l’imponente castello che regna dall’alto di una collina: con un passato di misteriose leggende la storia di Napoli, materializzata nella sua architettura e nell’urbanistica, racchiude in sé tratti suggestivi che la allontanano dallo stereotipo della città turistica e dalla tipica meta di vacanze estive. Sarà stato il passaggio nei secoli di popoli e dinastie così distanti tra loro, ma il fascino misterioso delle città dà l’impressione di vivere in un vero e proprio set di cinema.
Napoli, come una superba indossatrice, è stata vista sullo schermo in diverse mise: grigia e triste nel dramma di Paolo Sorrentino L’uomo in più (2001), cupa e scura nella serie poliziesca I bastardi di Pizzofalcone di Maurizio de Giovanni (2017), calda e soleggiata nelle migliori commedie di Totò o di Troisi, e persino nelle vesti della serie animata La gatta cenerentola di Alessandro Rak (già regista di L’arte della felicità, 2013), Ivan Cappiello, Marino Guarnieri, Dario Sansone (sì, quello dei Foja), appena presentato al Festival del Cinema di Venezia.
Il suo avvolgente mix di mistero, esoticità e leggende inquietanti, legate alla sua storia, regalano ad ogni pellicola una sfumatura propria. Non è solo scenografia e ambientazione di sfondo, ma influenza le vicende e le atmosfere di ogni scena. Per questa sua caratteristica, la città è il set perfetto per un genere che negli ultimi anni sta acquisendo spazio sullo schermo, il cinema noir.
Il confine tra il bene e il male che ogni personaggio di un film noir porta dentro di sé è spesso sottile e non definito. Anzi, può succedere che i due aspetti tendano a sovrapporsi in un groviglio di tormenti.
Gli stessi personaggi storici simbolo di Napoli si prestano a perfetti attori per il genere. Si pensi, ad esempio, a Raimondo Sangri, conosciuto come il principe di Sansevero. Uomo brillante, colto, un letterato e un importante inventore, ma dal lato oscuro. Un Faust napoletano, come è stato definito da Benedetto Croce, per la sperimentazione della cosiddetta macchina anatomica, il metodo di conservazione del sistema artero-venoso nei cadaveri con fine didattico – esposto oggi nel Museo Sansevero.
Per complessità psicologica un perfetto protagonista di un film noir è rappresentato dal malavitoso, come il brigante prima oppure oggi il camorrista. Entrambe le categorie sono legate dall’agire secondo un codice morale e un’ideologia non condivisa, ma perseguita come unica via per la giustizia.
Infine, un’ambientazione che vanta inquietanti leggende, come quella del Palazzo Donn’Anna a Posillipo. In essa si intrecciano l’orrore, il mistero e il fascino del tradimento carnale. Anna Carafa era infatti una nobile dall’incredibile fascino, solita sfruttare i propri amanti per poi disfarsi di loro gettandoli attraverso una botola collegata col mare. A tal proposito, è immancabile in un film noir la femme fatale: anch’essa perfettamente interpretabile da un altro indiscusso simbolo di Napoli, Sofia Loren.
Napoli come set cinematografico, duale, misteriosa, affascinante. Napoli sempre in bilico tra nero e bianco, un intreccio continuo che sfoca nel grigio noir, dove tutto non è né bene, né male.
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