Devozione, folklore e spiritualità dedicate alla Madonna, madre di Gesù, nel Santuario di Santa Maria a Parete

La santità femminile trova nella Madonna e nel culto mariano il suo culmine e la sua massima espressione. Simbolo della rivalsa della femminilità, la Madre di Dio è venerata, con differenti appellativi, come fonte inesauribile di ogni genere di grazie.

Il Santuario di Santa Maria a Parete si erge a circa tre chilometri da Nola, lungo la strada che conduce al Vallo di Lauro, su una collina verde di ulivi. La chiesa trae origine da un’apparizione della Vergine ad una pastorella, Autilia Scala, avvenuta il 12 aprile del 1514. Autilia, su indicazione della stessa Vergine, si recò dal conte Orsini perché questi si adoperasse per riportare alla luce un’ antica immagine della Madonna nei pressi del sito delle apparizioni. Il conte diede avvio agli scavi, dissotterrando una parete affrescata con un’immagine sacra identificata con la Regina della Vittorie. L’icona è costituita da un affresco di scuola italo-bizantina, databile al IX sec., e raffigura la Vergine in abiti regali, le mani congiunte in preghiera, con il capo coperto e incoronato. Ai lati, due Angeli le offrono il mondo, la palma e lo scettro, simboli dell’ universalità della sua mediazione. Intorno alla parete il Conte Orsini fece subito costruire una Cappella; originatasi la devozione per la Regina delle Vittorie, in breve tempo le offerte dei devoti permisero di rifare sontuosamente il tempietto, che oggi è una delle chiese più belle della Diocesi di Nola, ad onta dei gravi danni subiti nel 1989 in seguito ad un incendio.

Il clamore suscitato dal ritrovamento della parete affrescata di Liveri fece accorrere folle da tutto il contado di Nola e fuori di esso. Un testo del 1688, Nola Sagra, recita:

Per molti anni doppo durò mesi intieri la solennità di venerarla, stabilita finalmente a celebrarsi, come oggi s’osserva, nella terza domenica doppo Pasca.

La tradizione di celebrare la festa di Santa Maria a Parete fu introdotta dai Padri Lateranensi il 19 aprile 1551, ventidue giorni dopo la Pasqua, e da allora si stabilì come data la terza domenica dopo Pasqua. La festa, al pari di altre celebrazioni legate al culto della Madonna in Campania e nel sud dell’Italia, suscita l’interesse degli studiosi di antropologia, in quanto si inserisce nel contesto delle feste locali che affondano le radici nella concezione rituale dei cicli festivi e della loro collocazione cronologica. La dualità stagionale, nel dialetto e nella cultura napoletana, si esplica infatti nella dualità fra riti e feste, per cui l’inverno è la stagione rituale e l’estate la stagione festiva, come chiaramente indica il dialetto quando distingue soltanto Vierne e Staggione (l’inverno e la buona stagione, riprendendo l’antica contrapposizione latina fra acris hiems e ver). Tale concezione è in perfetta corrispondenza con il ciclo liturgico, in cui alla stagione della Pietà, che comprende Avvento, Natività, Passione e Resurrezione, segue quella dell’Esultanza, composta da Resurrezione, Ascensione, Pentecoste e Assunzione. Non a caso la Pasqua partecipa di entrambi i cicli, momento insieme di chiusura dell’uno e di apertura dell’altro: è sia un rito sia una festa. La Festa di Santa Maria a Parete di Liveri è rappresentativa in tal senso, in quanto costituisce per i fedeli la vera fine e il vero inizio dell’anno solare, e offre alla santità femminile e al culto mariano la particolare cornice della tradizione popolare campana. La preparazione della festa passa attraverso i “Dodici Sabati”, nei quali, durante la messa vespertina, il celebrante elogia a turno una delle 12 virtù della Vergine, le Dodici Stelle. Il venerdì della settimana precedente la festa incomincia la Novena, aperta dal Canto delle Scapigliate: un gruppo di donne vestite di nero cantano un antico canto liverese, accompagnando la lamentazio con gesti ricchi di pathos. Dopo nove giorni, la notte del sabato è dedicata al Pio Esercizio della Scala Santa. Alle 3.30 del mattino i fedeli, guidati dai Frati del Santuario, salgono i 79 gradini, alternando salita a preghiera; chi non è in grado di compiere tutto il Pio Esercizio in ginocchio, sale inginocchiato almeno gli ultimi 10 scalini. È nella ripetizione del Canto delle Scapigliate che si palesa appieno il carattere tutto meridionale e campano di questa pratica: le donne, recatesi a piedi al Santuario, salgono in ginocchio l’intera scala, sostando ad ogni gradino per recitare un’Ave, un Pater e un Gloria, ed offrono alla Madonna un grande cero decorato. La funzione espiatoria e sacrificale del rito, che ha lo scopo di addolcire la Vergine affinché conceda le grazie richieste, è chiara: esso, durante l’anno, viene ripetuto da quanti si rivolgono alla Vergine per chiedere una grazia, come testimoniano i tanti ex-voto custoditi nel santuario.

Virtù miracolose sono attribuite anche ad una campanella di circa 40 chili, ritrovata nello stesso luogo dell’affresco della Vergine, che viene suonata a richiesta per allontanare le tempeste, i temporali ed ogni calamità. La recita del Rosario, della Novena e della Supplica completano il rito. Non resta che, dopo aver riposato un po’, dare il via ai festeggiamenti, con la Sagra della Polpetta Liverese, detta Polpetta di Stoppa, un delizioso piatto povero, dalla forma schiacciata, a base di carne, pane in quantità doppia alla carne (da qui la denominazione), uova, pinoli e uvetta. Le bancarelle allestite sotto l’Allummata riprendono la “fiera di ogni genere di cose” descritta negli antichi documenti. La ripetizione serale del rituale mattutino e la grande processione della domenica mattina sotto l’allummata, rappresentano altri momenti forti , ai quali partecipano tutti i membri della Congrega di Santa Maria a Parete, i liveresi e una folla di forestieri, attirati dalla potenza della Vergine dispensatrice di grazie, la cui immagine miracolosa è conservata nel tempietto interno al Santuario, meta giornaliera di pellegrinaggi devozionali.

Tratto da: L’Espresso Napoletano – anno 8 – n° 4 – Aprile 2008 – Scritto da Maddalena Venuso

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