Il monumento ai caduti di Scafati della prima guerra mondiale. Una storia travagliata: dalle origini del monumento, luglio 1935, fino agli anni ’50 del 900

Ci sono voluti tre decenni, affinché il monumento dedicato ai caduti della prima guerra mondiale a Scafati, sito attualmente in piazza Garibaldi, avesse finalmente “pace”.

Al termine del primo conflitto mondiale, in quasi tutte le città d’Italia si sentì la necessità di dare origine a dei comitati in onore dei caduti di guerra. Tali associazioni, oltre ad occuparsi della raccolta di fondi per la costruzione di monumenti in memoria dei soldati morti in battaglia, ebbero un ruolo di spicco nella tutela dei familiari di caduti e mutilati di guerra.

A Scafati, il “Comitato del monumento ai caduti di guerra” fu già operativo a partire dal 1922, l’allora presidente era l’avvocato Aniello Falanga.

L’opera monumentale ebbe tutti i presupposti per essere di notevole spessore artistico, culturale e con un importante valore simbolico: di dimensioni considerevoli, costruita con materiali pregiati come bronzo e  marmo, firmata dall’artista Francesco Jerace (Polistena, 26 luglio 1853 – Napoli, 18 gennaio 1937) uno degli esponenti di spicco della scuola napoletana a cavallo del 1900, il quale s’impose sullo scenario artistico in ambito nazionale ed internazionale.

Lo scultore Francesco Jerace, autore del gruppo bronzeo.

Fu F. Jerace, dunque, ad occuparsi del gruppo scultoreo in bronzo composto da due soldati in azione di cui, il primo, inginocchiato, imbraccia il fucile, mentre il secondo, in piedi, stringe nella mano destra una bomba che sta per lanciare. Le due figure sono sovrastate dalla Vittoria alata, la quale impugna nella mano destra il gladio e nella sinistra un ramoscello di ulivo ed ha il capo cinto da una corona con teste di leone. Ad occuparsi del basamento in marmo fu invece l’impresa dell’ingegnere Ernesto Di Palma. Originariamente il basamento constava di una vasca ottagonale all’interno della quale ricadevano zampilli d’acqua che sgorgavano dalle teste di medusa con conchiglie.

Una delle quattro teste di medusa.

Dopo i primi progetti ed attività per la costruzione del monumento, finanziato dal “Comitato” attraverso le donazioni dei cittadini scafatesi, dei concittadini emigrati negli USA e di alcune imprese locali, si ebbe un’interruzione dei lavori tra il 1928 e il 1929. Causa di tali rallentamenti fu una crisi economica interna alla stessa città, aggravata da uno scenario internazionale che vide il crollo della borsa di Wall Street (crisi del 29: “Martedì nero”, 29 ottobre 1929, Wall Street, New York, USA).

Festa dell’uva a scafati, 1935. Il monumento era ancora in fase di costruzione.

Terminata la fase di stallo, nel 1935 i lavori vennero ultimati e il monumento venne eretto in piazza Chiesa Madre, l’attuale Piazza Vittorio Veneto.

Nel luglio dello stesso anno, precisamente domenica 21, alle ore 10:00, venne celebrata la cerimonia d’inaugurazione. Tra i presenti vi erano autorità civili, militari, religiose, esponenti delle associazioni di combattimento a cui si affiancarono i veterani di guerra, i mutilati ed i parenti dei caduti. Come in ogni cerimonia pubblica non mancarono discorsi ed inni patriottici (“La Leggenda del Piave”, “L’inno al monumento”, “L’inno a Roma”).

Ancora una volta però, le dinamiche politiche nazionali ed internazionali ebbero significativa influenza sul destino del monumento. Nel 1940, a soli 5 anni dalla cerimonia d’inaugurazione, il monumento venne messo in pericolo sia dalla campagna fascista “Metallo alla patria in armi”, con la quale s’imponeva, entro il 31 dicembre del ’40, la consegna degli oggetti di metallo necessari alla produzione bellica: pentole in rame, recinzioni, nel ‘42 sarà ordinata anche la requisizione delle campane. Tra i metalli più ricercati vi era proprio il bronzo, molto prezioso per la fabbricazione di armamenti. La fusione degli oggetti in metallo, spesso anche di valore artistico, era quindi il pericolo principale a cui dovette scampare l’opera del maestro Jerace.

La seconda minaccia a cui bisognava far fronte era quella dei bombardamenti, che durante la guerra non risparmiarono il territorio scafatese. I podestà di diverse città cedettero le opere d’arte bronzee. Ma, il podestà di Scafati, l’avvocato Pasquale Vitiello, consapevole del valore culturale, simbolico ed artistico della scultura bronzea, decise di rimuovere il gruppo scultoreo e nasconderlo negli edifici tessili dismessi tra palazzo Meyer e parco Meyer-Wenner. Vitiello, in pratica, approfittò del pericolo dei bombardamenti per salvare l’opera dalla campagna di requisizione fascista e allo stesso tempo sfruttò il pericolo della requisizione per sottrarre il monumento dalla potenza distruttiva delle bombe.

Nel frattempo il basamento restò al suo posto, e fu proprio a causa di un ordigno che subì uno sfregio.

Foto risalente agli anni ’50 del 900. Il monumento era stato trasferito da pochi anni al Parco della rimembranza, l’attuale piazza Garibaldi.

Con l’avviarsi della fase conclusiva del secondo conflitto mondiale, il consiglio comunale scafatese, già a partire dal giugno del 1944, s’impegnò in discussioni relative al riassemblaggio del monumento ai caduti. La decisione finale relativa alle modalità di ricostruzione e ricollocazione si raggiunse circa tre anni e mezzo dopo. Il consiglio comunale decise che la vasca ottagonale doveva essere rimossa dalla piazza e trasferita nella villa, mentre la restante parte del basamento doveva essere traslocato, con annesso il gruppo bronzeo, nel Parco della Rimembranza, l’attuale piazza Garibaldi. Aggiuntive destabilizzazioni di carattere politico-economiche prolungarono ulteriormente i tempi per il trasferimento e riassemblaggio dell’opera. Alla fine, l’appalto per l’esecuzione dei lavori fu concesso alla ditta dell’ingegnere Pietro De Felice. I lavori furono terminati nel gennaio del 1952 e quattro mesi dopo fu firmato il certificato di collaudo dall’ingegnere Generoso Coraggio.

Oggi, l’imponente monumento, alto 9 m e con una base di 6,7 m per lato, non passa certo inosservato, i soggetti del gruppo bronzeo sembrano essere animati di vita propria, quasi si sente il sibilo dei prioettili sparati dal fucile del soldato inginocchiato e il fragore della bomba lanciata dal suo compagno d’armi. La Vittoria alata anticipa il destino dei due soldati in una loquace espressione di coraggio, forza, sacrificio e patriottismo.

 

Bibliografia

Barbagallo Francesco, Storia contemporanea dal 1815 ad oggi, Roma, Carocci editore, 2008.

Chicco Francesco, Il Fascismo, Torino, Paravia, 1982.

Pesce Angelo, il monumento ai caduti e il Parco della Rimembranza a Scafati, S.I, Nicola Longobardi editore, 2007.

Valenzise Fortunato, Francesco Jerace: scultore, Reggio Calabria : s.n., 1995.

Sitografia

http://www.catalogo.beniculturali.it

https://www.bibliotecasalaborsa.it/cronologia/bologna/1940/268

Documenti d’archivio.

Archivio di stato di Salerno, fondo Gabinetto:

Busta 303, fascicolo 2: Copie di giornali della provincia, riportanti articoli su Scafati.

Busta 237, fascico 6: Affissione di manifesti sovversivi a causa della disopccupazione. 1928, Scafati.

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