Natale a tavola dei napoletani
Il Natale è prossimo, ed ecco le famiglie affrettarsi per le spese, gli acquisti di rito, regali, panettoni, e tutto l’occorrente per servire i pranzi e le cene più attesi dell’anno, emblemi della Napoli contemporanea e non solo.
“A Napoli il Natale comincia almeno un mese prima, nei mercati rionali, con i banchi addobbati di festoni e luminarie che esibiscono squisitezze d’ogni genere … il medesimo rituale che da oltre mezzo secolo ignora le ansie di semplificazione del nuovo millennio e le preoccupazioni dietetiche imposte dalle mode gastronomiche”, dice Rossella Guarracino
La vigilia vuol dire cenone. Papacelle, baccalà ammollato, frutta secca, spigole, orate, pezzogne, capitone, astice, gamberi: condizione necessaria per un gran cenone, la carne dovrà attendere il nascituro. Il classico cenone, la cui preparazione pare avere carattere purificatorio, prevede queste pietanze: come primi linguine alle vongole/paccheri all’astice; secondo a base di pesce fritto/arrostito, gamberi, calamari, baccalà, capitone, spigole ed orate al forno; il contorno ha un solo nome: insalata di rinforzo. Non possono assentarsi struffoli in crosta croccante e frutta secca. Si consiglia un buon digestivo.
Il pranzo di Natale ha fatto storia a Napoli. Nel 1588 il marchese Del Tufo ‘ragionava’, con alcune dame milanesi, su quanto la preparazione del pranzo del buon Natale fosse parte basilare della napoletanità.
Allor che l’animale,
tanto tempo aspettato,
arriva e passa a l’essere ingrassato,
allor che non è uom che non procacci,
ed ogni donna, a far de’ sanguinacci?
Dal pesce alle carni, l’importante è rispettare la tradizione, la devozione e la tavola.
Se alla fine del XVI secolo il piatto tipico era il sanguinaccio (preparazione a base di sangue di maiale non coagulato, con carni di scarto, speziate con cannella, chiodo di garofano, noce moscata, pepe, ruta), oggi abbiamo la minestra di carne e verdura e il bollito di carni, con la conferma di frutta secca ed insalata di cavolfiori. Ed infine i dolci, “canditi, mandorle, miele e zucchero: essenza dei dolci che colorano di allegria le tavole dei napoletani e che accompagnano tutte le festività”. Si aprono il cartoccio, cassate, mostaccioli, divino amore,roccocò, susamielli, raffiuoli a cassata, pastiere, senza tralasciare tradizioni settentrionali, panettoni e pandori.
E se le idee mancano, meglio puntare sull’usato sicuro, buon appetito!
“Bene. Don Ernesto ha il suo impeccabile pezzo di carne, scaccia tutti dalla cucina e inizia l’esecuzione del ragù.” Giuseppe Marotta, L’oro di Napoli, 1947
Fonti:
– G.B. Del Tufo, Ritratto o modello delle grandezze, delitie e meraviglie della nobilissima città di Napoli, a cura di O. S. Casale, M. T. Colotti, Salerno Editrice Roma, 2007.
– R. Guarracino, Festa, farina e forca,Napoli, Zelig Edizioni, 2006.
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