Vacanze, esplorazioni, pellegrinaggi, avventure, i motivi per partire nel corso della nostra storia sono stati tanti e diversi, l’uomo è in viaggio da sempre: dagli antichi Romani ai pellegrini, passando per il Grand Tour e giungendo, infine, al turismo balneare.
Il viaggio è una specie di porta attraverso la quale si esce dalla realtà come per penetrare in una realtà inesplorata che sembra un sogno. (Guy de Maupassant)
Cerco l’estate tutto l’anno e all’improvviso eccola qua … Quanti di noi sentono di ritrovarsi in queste celebri parole (e note)? Quanti di noi non hanno sognato almeno una volta di poter trascorrere una vita in vacanza? Dal divertimento al relax, dalla sete di conoscenza a quella di scoperta, quanti di noi bramano l’esperienza del viaggio? Vacanze, esplorazioni, pellegrinaggi, avventure, i motivi per partire nel corso della nostra storia sono stati tanti e diversi, l’uomo è in viaggio da sempre: dagli antichi Romani ai pellegrini, passando per il Grand Tour e giungendo, infine, al turismo balneare.
Ai nostri giorni la vacanza può definirsi come un prodotto di massa, ma fino a ieri fu un lusso, un privilegio che spettava a pochi. Gli esseri umani sono proprio fatti per partire. Vacanzieri, turisti, pellegrini o avventurieri, tutti hanno fatto, e fanno ancor oggi, la Storia. Oscillando tra sociologia, antropologia ed economia, cosa possono raccontarci i viaggi e il turismo? Innanzitutto possono rivelarci molte differenze e altrettante analogie tra gli uomini antichi e quelli contemporanei. Riccardo Cella, docente di Storia del Turismo all’Università di Verona porta l’esempio del viaggiatore per antonomasia nella letteratura europea, Ulisse.
Di certo il suo è un viaggio che apparentemente ha poco a che fare col turismo: molto semplicemente lui torna a casa, mentre il turista – per come lo immaginiamo – si allontana da casa per poi tornarvi. Tuttavia ci conferma alcuni tratti essenziali del viaggio nel passato: è un’esperienza inevitabile e necessaria, un elemento di cambiamento che attraverso delle prove muta la persona che lo intraprende in maniera irreversibile a livello intellettuale, psicologico e fisico.
Un motivo per il quale molti di noi, del resto, decidono di partire tutt’oggi. Ma se il desiderio di andare in vacanza nasce oggi per lo più dal bisogno di muoversi verso luoghi più salubri, in passato i turisti ante litteram, forse, cercavano qualcosa di diverso. Nell’antica Roma, ad esempio, la villeggiatura in campagna dei patrizi era votata all’otium, quella al mare allo svago. Per gli intellettuali in visita in Grecia, predominava l’aspetto culturale, proprio come per i rampolli della nobiltà europea che, a partire dal XVI sec., affrontarono il Grand Tour. Per i pellegrini che affollavano le strade dell’Europa per spingersi verso gli ambiti santuari prevaleva il carattere religioso del viaggio. La Rivoluzione industriale, se vogliamo, cambiò le carte in tavola, quando oltre alle “città delle fabbriche” sorsero anche le “città del loisir”, ovvero le città delle vacanze. La società industriale giustificava la vacanza, con relativa frequentazione di terme e villeggiatura al mare, con riflessioni legate in primis alla salute.
È il caso di dirlo, dall’antichità a oggi, il concetto di “turismo” non è cambiato poi molto.
Il viaggio è certamente un elemento di continuità nella storia del genere umano. Per capire le differenze tra ieri e oggi dobbiamo piuttosto chiederci quando è stato coniato il termine “turista” e che accezione ha avuto. In inglese, il tourist che appare all’inizio dell’Ottocento è, molto semplicemente, chi compie dei tours. Le altre lingue europee hanno mutuato il termine, ma il valore assegnatogli è cambiato nel tempo e nello spazio. Curiosamente, nel continente europeo all’inizio dell’Ottocento il tourist indicava un viaggiatore … inglese [che] si spostava per divertimento o cultura, motivi che ai più apparivano insoliti.
Ora proviamo a tracciare un identikit del turista. Il viaggiatore settecentesco fu un “esploratore cognitivo” della natura, il cui scopo essenziale era la conoscenza. Tra XVIII e XIX sec. andò affermandosi “l’esplorazione sensoriale”, che pose l’accento sull’elemento emotivo della relazione uomo/Natura. Nella seconda metà dell’Ottocento viaggiare diventò un’occasione fondamentale per fare esperienza del progresso raggiunto dalla civiltà occidentale. All’alba del secolo successivo fece la sua comparsa la dimensione ludica, a noi molto più familiare. Finché, nel corso del XX sec., la vacanza divenne prodotto di massa della società industriale e capitalista.
Nei secoli a mutare sono state anche la domanda e l’offerta turistica, ove la prima si è fatta più complessa, mentre l’altra si è andata strutturando e professionalizzando. Negli ultimi decenni, infatti, una domanda in frenetica evoluzione ha trasformato in mete turistiche territori, regioni, città, prima non ritenuti tali. Considerando, invece, l’offerta turistica, si è passati da un’ospitalità fondata su strutture religiose e affittacamere a una ricettività che conta strutture differenti per diverse esigenze di mercato, piccole pensioni, bed and breakfast, alberghi, hotel e resort di lusso.
Quand’è che il viaggio poté trasformarsi in vero e proprio piacere? Gli antichi spostamenti non furono così confortevoli, condizioni delle strade, mancanza di sicurezza e tipologia dei mezzi di trasporto, ebbero sicuramente un ruolo importante. Ma le motivazioni furono più forti, non sono forse loro a rendere piacevole un viaggio? Certo è che, se consideriamo le condizioni materiali, come velocità e sicurezza, l’attenzione deve essere rivolta alla storia delle innovazioni nella tecnologia dei trasporti. A partire dalla diffusione della ferrovia, nell’Ottocento, i progressi sono stati davvero considerevoli, dato che oggi siamo in grado di percorrere in tempi brevissimi notevoli distanze, viaggiando in maniera più che confortevole e sempre più economica.
È ben difficile, in geografia come in morale, capire il mondo senza uscire di casa propria. (Voltaire)
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