Al Teatro Genovesi domenica 25 ottobre “L’Acquario” di Claudio Grattacaso

Dopo il debutto di domenica scorsa sul palco del Teatro “Artemisio Gian Maria Volonté” di Velletri, nell’ambito della quarta edizione di Campaniliana 2020, domenica 25 ottobre, alle ore 19, la Compagnia dell’Eclissi inaugura la nuova stagione del Teatro Genovesi a Salerno con lo spettacolo “L’Acquario” di Claudio Grattacaso. In scena Felice Avella (Donato), Ernesto Fava (Sandro) ed Enzo Tota (Elio). La regia è di Marcello Andria. Direzione di scena, Angela Guerra; scena di Luca Capogrosso, progetto grafico di Giulio Iannece; musiche originali di Marco De Simone.

Al centro della scena – il claustrofobico studio di uno scrittore, ingombro di libri che precludono il contatto con la realtà circostante – campeggia un acquario, i cui abitanti, come in un meccanismo di scatole cinesi, simbolicamente riproducono le dinamiche psicologiche ed emotive dei tre protagonisti: ignari della loro sostanziale condizione di cattività, pesci esotici dalla variopinta livrea si rincorrono, si azzuffano, si contendono accanitamente l’esiguo spazio vitale, per poi ritornare, sconfitti e malconci, alla convivenza forzata”. Così scrive Marcello Andria nelle note di regia. E poi aggiunge: “Valicata da tempo la soglia che separa l’età dei progetti dall’età dei bilanci, anche i tre vecchi amici che animano la vicenda – Elio, Donato e Sandro – si cimentano in un insidioso gioco al massacro, che mette a nudo insicurezze, paure, debolezze, fallimenti. Il loro rapporto, logorato dagli anni e dalla consuetudine, ha accumulato un fondo di reciproca insofferenza, di dubbi e rancori, di doppiezza e risentimento: una miscela corrosiva che d’un tratto deflagra in un dialogo serrato, dai toni ora aggressivi e beffardi, ora lievi e nostalgici. Elementari strategie di difesa inducono di continuo i tre uomini a mutare alleanze, rovesciando il tavolo appena se ne presenta l’opportunità pur di distogliere l’attenzione da sé, pur di salvare almeno un brandello di personale dignità. L’ironia degenera più volte nello scherno, l’insinuazione in affronto, la commiserazione in disprezzo. Le parole graffiano, feriscono, lasciano cicatrici che non si rimargineranno mai del tutto; eppure producono un effetto catartico, liberano l’emotività, aprono imprevisti squarci di quella comunicazione autentica che negli anni era venuta meno. Tre solitudini, in fondo, che alla fine si abbarbicano l’una all’altra e, dopo essersi dilaniate senza esclusione di colpi, proprio come i pesci dell’acquario, ritornano al punto di partenza del loro insensato e tragicomico percorso. Assecondando le inflessioni agrodolci e il frizzante ritmo della scrittura, sottolineati anche dal commento musicale, l’allestimento punta senza mezzi termini a coinvolgere e a divertire, mettendo in scena una girandola di caratteri, umori, situazioni”.

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