Reportage live del concerto di Calcutta al Lanificio 25 di Napoli
“Dimmi, dove mi vuoi portare?”
Quello di Calcutta è un live veloce, senza preamboli, un’ora di concerto intervallati da un paio di pause e una serie di “bis” con annesse scuse del cantautore di Latina:
“purtroppo ho scritto pochi pezzi, dobbiamo accontentarci”.
C’è parecchio fermento ed il pubblico inizia già dalle 21 a riempire il cortile del Lanificio, circolano le sciarpe rossoblu di Mainstream l’album che Edoardo D’Erme sta portando in giro dividendo pubblico e critica. La sala si riempie mentre il Dj set di Irene Ferrara riscalda l’ambiente, con un repertorio da songwriter. Intorno alle 22 e 40 Calcutta sale sul palco ed attacca Piano-e-voce Limonata. La risposta del pubblico non si fa attendere e segue la melodia trascinata. Iniziano subito a saltare quando i primo accordi accennano Frosinone. Dino si lancia poi in Cane e Fari due pezzi del suo primo Ep Forse, per finire con Milano e Gaetano il primo set.
Si riprende col botto, quando parte Cosa mi manchi a fare. Il pubblico canta, riprende, partecipa e quando, senza soluzione di continuità, Calcutta spara Accendini e Pomezia è coinvolto e continua a oscillare. Calcutta arrangia bene i brani con i musicisti (Amarena, Arbre Magique) ma non disdegna la sua vocazione primigenia, ed infatti suona chitarra e voce Dinosauri.
Forse ci si aspettava un po’ di più dal fenomeno del momento, sembra quasi un live “obbligato”, (anche perché la performance, in concreto, dura 45 minuti), ma il pubblico lo osanna. La forza di Calcutta sta proprio in questo suo modo di porsi, rilassato ma un po’ assente, che dà plasticità e concretezza a quella “provincia paranoica” fatta anche di prossimità e leggerezza. I pezzi sono sempre cantanti a squarciagola, non solo dal pubblico, anche perché il coinvolgimento è tutto empatico, senza mezze misure, teso a rendere senza filtri gli scritti asciutti e in loop con melodie facili e orecchiabili. Certo, si potrebbe dire che questa è la vocazione popolare, “Mainstream”, è un disco che a molti fa storcere un po’ il naso, ma arriva diretto “come una svastica in centro a bologna” ma fatta solo per litigare. Quest’atteggiamento superficial-provocatorio in fondo non è nuovo per la musica italiana (Rino Gaetano su tutti) ma coglie nel segno. Mentre tutti continuano a chiedersi il perché del suo successo lui fa spallucce. In fondo, è come “scomparire in un abbraccio”.
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