L’associazione di volontariato U.A.L.S.I., una realtà che si prodiga per sollevare le anime sofferenti, nonostante la fatica, nonostante la solitudine
Colui che ama fa tutto senza fatica, oppure ama la sua fatica.
Parola di Bernadette Soubirous, la giovane e fragile donna alla quale si è rivelata Nostra Signora di Lourdes, una ragazza molto malata proveniente da una famiglia caduta in rovina. Nella fede Bernadette trova la propria salvezza, l’unico luogo privo di tormenti e dispiaceri. Nei secoli successivi sono stati molti gli uomini che hanno cercato conforto e invocato miracoli presso la grotta di Massabielle, luogo delle apparizioni della Madonna di Lourdes, cittadella mariana francese.
Ad aver imparato attraverso un pellegrinaggio a Lourdes ad abitare la propria condizione di disabilità è stato anche Federico Pepe, fondatore dell’associazione di volontariato U.A.L.S.I. tuttora presente a Sant’Anastasia, comune alle pendici del Vesuvio, che quest’anno compirà il suo cinquantesimo anno d’attività. Pepe non si è limitato a mitigare le proprie sofferenze, si è prodigato affinché qualsiasi disabile ricevesse il diritto di vivere, sicuramente secondo le proprie possibilità, ma di non sopravvivere. Di vivere. Perché la vita è sempre viva e anche quando si crede che sia già morta e senza possibilità di rinascere l’amore può salvare. Dunque ha creato un’associazione con lo scopo di includere gli esclusi, di scorgere le abilità e non soltanto le disabilità degli esseri umani, di accettarle e imparare a impreziosirle attraverso la ricchezza dell’amore e della fede.
Dopo la sua morte, alcuni volontari, tra cui Guerino Grimaldi, attuale presidente della fondazione, hanno perseg uito idee e ideali di Pepe, facendo crescere in modo esponenziale l’associazione, che oggi conta circa quattrocento soci tra cui anche alcuni medici e paramedici, pronti a prestare assistenza in ogni attività organizzata a favore dei fratelli ammalati, pellegrinaggi a Lourdes compresi, ed è punto di riferimento nell’intero meridione.
È stato presentato dall’U.A.L.S.I. un progetto per riqualificare il Villaggio della Fratellanza che propone una struttura all’avanguardia, dove i fratelli ammalati potranno muoversi autonomamente e partecipare a percorsi formativi specifici per favorire il loro reinserimento nella società, dalla quale ancora oggi spesse volte sono ignorati. Purtroppo però l’impegno civile dell’intera associazione non trova alcun consenso né aiuto economico e sociale da parte delle istituzioni competenti, i fondi raccolti dai volontari non bastano per ultimare i lavori, che procedono inesorabilmente lenti. A pagare è la fetta più vulnerabile della società, quella degli ammalati, che non ha la possibilità di combattere.
Tocca all’U.A.L.S.I. combattere al loro posto, perché i fratelli ammalati hanno, come i sani, diritto e dovere di vivere una vita degna di essere vissuta. Se venisse data loro l’opportunità di esprimersi e di migliorarsi, a vincere sarebbe l’intera nazione, se al contrario, l’associazione U.A.L.S.I. come tante altre, continueranno ad agire nella solitudine a perdere saremmo tutti. Perché un Paese che non sa amare, proteggere e nobilitare i deboli non può definirsi forte. Onore all’U.A.L.S.I. e a tutti coloro che si prodigano per sollevare le anime sofferenti, nonostante la fatica, nonostante la solitudine, nonostante il dolore. Perché servire il prossimo è una grande forma d’amore e la fatica, se proprio è presente, non fa altro che renderla più nobile.