In occasione della Giornata mondiale dell’acqua 2025, Terre di Campania ha chiamato a raccolta giornalisti, scrittori, sacerdoti, medici, vari professionisti e studenti del territorio, invitandoli ad una riflessione libera e creativa sul tema dell’acqua come bene prezioso da conoscere e custodire. Ciascuno ha fatto dono della sua piccola goccia nel segno della gratuità, sincerità ed originalità. Il risultato è un mare di emozioni, suggestioni e spunti di riflessione molteplici, un incontro che si spera arricchente ed edificante con l’irriducibilità preziosa di un bene unico da riscoprire e salvaguardare.
Pubblichiamo il contributo di Padre Gianpaolo Pagano, Ordine dei Domenicani, Santuario Madonna dell’Arco in Sant’Anastasia, Na.
La Bibbia non ha una concezione naturalistica della realtà materiale. A differenza della filosofia greca (Empedocle, Democrito, Socrate, Aristotele…) che concepisce e percepisce la vita sensibile a partire dai quattro elementi di cui è costituita la materia (terra, acqua, fuoco e aria), l’uomo biblico è figlio del suo ambiente semitico e non riesce a considerare il mondo che lo circonda indipendentemente dalle forze soprannaturali che lo regolano.
Così l’elemento acqua, con il suo immenso potenziale simbolico, quando compare nei racconti biblici è sempre in relazione con Dio-creatore, a lui soggetto e sotto il suo governo. Il racconto della creazione e quello del diluvio presenti in Genesi 1-11 ne sono un chiaro esempio. Questi racconti infatti furono mutuati dall’ambiente babilonese nel VI sec. a.C. ma i loro motivi fondamentali si trovano in buona parte già in testi più antichi, accadici ed ugaritici, dell’età del bronzo. Nella mitologia e cosmologia di gran parte delle popolazioni semitiche (arcaiche e non) l’acqua del mare, come quella del cielo, rappresenta una potenza ostile all’ordine del dio El, espressione di quel caos primordiale che continua a minare la felicità degli abitanti della terra. Nel racconto della creazione invece, come in quello di Noè, l’acqua cade sotto l’azione di Dio – Tutto ciò che vuole il Signore lo compie, in cielo e sulla terra, nel mare e in tutti gli abissi delle acque (Salmo 135,6) – per cui essa è al suo servizio, fonte di vita per gli uomini ma anche strumento per il loro castigo. L’acqua dunque è sempre nelle mani di Dio, ad essa non di rado è associata una sua azione salvifica, come negli episodi prodigiosi dell’apertura del Mar Rosso (Esodo 14,21) e del Giordano (Giosuè 3,17), o in quello della visione del tempio che Ezechiele (47,1-12) ammira pieno di acqua perché ripieno della benedizione e della grazia di Dio.
Il ricorrere all’acqua come realtà che apporta simbolicamente vita sicura e felice è tipico sia dei profeti (Osea, Isaia, Geremia) quando l’annunciano abbondante come segno di benedizione o prevedono la siccità come castigo divino, che dei saggi (Proverbi e Siracide) quando la accostano alla Sapienza che, come una signora, dona i suoi beni agli uomini che la cercano.
Il Nuovo Testamento si colloca in continuità con tale uso simbolico della presenza dell’acqua, soprattutto nel vangelo di Giovanni. Nel dialogo con la samaritana (4,7-15) l’acqua simboleggia un dono non meglio precisato che sembra potersi identificare con la rivelazione di Dio, del Padre, che Gesù fa agli uomini. Nell’invito rivolto alla folla nella festa delle Capanne (Chi ha sete venga a me e beva: 7,37) l’acqua viene identificata con lo Spirito che avrebbero ricevuto i credenti in Cristo a conclusione del suo mistero pasquale (e subito ne uscì sangue e acqua: 19,34). La medesima simbologia dell’acqua come “dono” di Cristo, ovvero dello Spirito che conferisce la vita divina, si trova in tutti gli scritti in cui Paolo elabora la dottrina del Battesimo (Romani, Galati, seconda ai Corinzi). Si tratta di un’acqua che non solo lava le colpe, come pregava il salmista nel celebre Salmo 50 o “Miserere” (Lavami e sarò più bianco della neve!) ma di una “nuova creazione” tanto è nuova la realtà a cui Cristo fa accedere in virtù della sua morte e resurrezione, realtà ora accolta per fede e che si rivelerà pienamente alla fine dei tempi, secondo le parole dell’Apocalisse: Poi vidi un nuovo cielo e una nuova terra, perché il primo cielo e la prima terra erano passati (19,21).