Sfatiamo qualche mito su Natale in casa Cupiello di Eduardo De Filippo.
È Natale, dopo aver passato i precedenti giorni nelle “stancanti e ripetitive” attività della creazione del presepe e alla riesumazione dell’albero dell’anno precedente c’è un’altra tradizione che non si può evitare: la visione di “Natale in casa Cupiello” che sia VHS o in tv non c’è scampo, un po’ come “Una Poltrona per due”.
È nel 1977 che “Natale in casa Cupiello” entra in casa di tutti gli italiani, diventando gradualmente più che un classico, un vero e proprio rito.
La commedia più celebre di De Filippo, è anche la più articolata. Il presepe è allegoria della famiglia. La farsa napoletana classica, fatta di battute, tormentoni, ammiccamenti si trasforma in una commedia pregna di angoscia, tipica delle “cantate” di De Filippo.
È il ritratto tragicomico di una realtà attendibile.
“Te piace o presebbio?” non è solo una domanda (retorica), è un mantra, è la richiesta di venire ascoltati. È una famiglia che deve essere rimessa in sesto, assieme ai pastorelli recuperati dallo scatolo dell’anno precedente.
Come dicevamo, “Natale in casa Cupiello”, è ormai diventato un vero e proprio rito, uno status simbolo teatrale, anche “vittima”, in un certo senso, di un’infinità di compagnie (soprattutto amatoriali) che lo propinano interrottamente fino a ridurlo alla scarna emulazione. Un’opera dalla genesi travagliata “Un parto trigemino con gravidanza di quattro anni” come ammise lo stesso De Filippo, poiché nella versione iniziale del 1931 era prevista come atto unico, arrivando poi nel 1934 ad avere l’opera che oggi conosciamo.
Un esempio è la rivisitazione messa in scena da Latella.
Antonio Latella (regista nato a Castellamare di Stabia, classe 1967) è conscio del valore che la commedia ha ricevuto grazie alla televisione. Tutto viene scarnificato e reso semplice lettura: gli attori sono messi in fila e leggono le battute (che tutti conoscono nelle pause e negli ammiccamenti). Inoltre, Latella mette un televisore scenografato attraverso il quale gli attori recitano.
Nella figura di Luca è accentuata la mansione della costruzione del presepe, mentre cerca di tenere la famiglia unita, chiudendo con un buio che implica la nuova messa in scena. Un continuo loop.
Una parte della critica ha detto che il lavoro di Latella è un patricidio, a mio modesto avviso è l’uccisione del post “Eduardismo”, movimento dal quale persino i suoi eredi devono guardarsene. Il VHS esiste e tutti i malinconici e i difensori della “eduardinietá” possono guardala. Inoltre, se Eduardo è un padre, Moscato, Ruccello e Neiwiller cosa sono? Zii?
In realtà, sono loro i nostri padri che hanno attraversato Eduardo senza subirlo e invece il teatro moderno (coi testi di De Flippo) si rintana in scelte che erano innovative nel ’40.
Anche perché, obiettivamente, il lavoro drammaturgico di Latella non ha nulla di così forte da far rivoltare stomaci e tumulati, ma ha il merito dimettere in discussione e spero, valorizzare un testo che finalmente trova il suo posto nel teatro contemporaneo.
P.S. Le foto sono di Brunella Giolivo.
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