’O CIUCCIO… VOLA E DIVENTA CAMPIONE D’ITALIACon due reti di McTominay e Lukaku, il Napoli strappa il suo quarto scudetto dalle magliette interiste e manda i tifosi in Paradiso Carlo Avvisati A Napoli, quando uno pensa, crede, immagina, desidera o vuole una cosa impossibile, si dice che si sta “sunnanno ’o ciuccio ca vola”. Ovvero, che sta sognando l’asino che vola. Ebbene, il Ciuccio, il quadrupede simbolo della squadra del Napoli, ieri sera, al “Maradona”, lo stadio di Fuorigrotta intitolato a D10S, l’immenso Diego Armando, davvero ha volato. Ha volato di fronte ai settantamila e passa che erano assiepati sulle gradinate; ha volato sulle teste e negli occhi delle centinaia di migliaia di napoletani che stavano giù da alcune ore nelle piazze in cui erano stati piazzati i maxischermi perché tutti potessero guardare e tifare la propria squadra. Ha preso a volare proprio quando lo scetticismo cominciava a serpeggiare, vista la sofferenza che la squadra aveva mostrato negli ultimi incontri. Ma il Mister è tosto. Conte è uno che se gli dai il dito si prende pure la mano e il braccio. E così è successo. Il punticino, quella “virgola” di vantaggio sui milanesi è bastata per portare la squadra in Paradiso. Il Cagliari sotto attacco sin dal primo secondo di gioco. Una, due, tre, quattro occasioni sprecate. Pareva che la porta degli isolani fosse stregata. Ma poi … BumBum e tutto è finito. Due babà, due sfogliatelle, due pere (come dicono al norde) e la paura è passata. E si è trasformata in gioia e felicità purissima. Il primo “Bum” è arrivato con una sforbiciata in rovesciata di “Scott MacFratemo”, come a Napoli viene chiamato lo scozzese McTominay, e il cielo sopra il “Maradona” ha cominciato a colorarsi d’azzurro. Una sforbiciata dello scozzese – napoletano come non se ne vedevano da anni. Un gollaccio alla Piola; una rovesciata in volo che ha mandato in solluchero lo stadio e quelle milionate di tifosi sparsi nei cinque continenti che stavano seguendo la partita. BumBum e lo scudetto ha cominciato a prendere forma. Novanta e passa minuti trascorsi a tifare, a ballare, a cantare come solo un popolo di innamorati della propria squadra e della propria città sa fare. E poi i fuochi, i balli, i cori. Non giudichiamoli male. Il tifoso è così. Semel in anno… una volta all’anno. Il tifoso napoletano, come anche gli altri, sarebbe capace di morire per la squadra del cuore. La gioia è un sentimento incontenibile. Specie se viene visto come momento di rivincita (?) o riscatto (?) per chi subisce mille e mille umiliazioni e angherie al giorno. I sociologi storceranno il muso; gli psicologi analizzeranno e studieranno il fenomeno degli striscioni: da “Me diciste sì na sera ‘e maggio” a quel lenzuolone con uno scugnizzo che “ruba” lo scudetto all’Inter, srotolato dai tifosi sulle gradinate del “Maradona”. Ma chi non è tifoso non capirà mai cosa passa nell’animo e nella mente di un popolo innamorato. E non meno hanno tifato e sofferto la provincia napoletana e la Campania tutta, davanti ai televisori e ai maxischermi che sindaci intelligenti hanno fatto mettere nelle piazze principali di paesi e cittadine.
Crediti fotografici: ANSA |
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