Ogni orizzonte della notte, la raccolta di racconti firmata da Maurizio Vicedomini per Augh!Edizioni

Notte è il momento in cui i confini tra le emozioni sfumano e non si può che pensare.

Maurizio Vicedomini, classe 1990, laureato in Filologia moderna alla Federico II di Napoli, ha deciso di raccontare questo momento, e lo ha fatto in una raccolta di racconti, Ogni orizzonte della notte (appunto…) edito da Augh!Edizioni e disponibile in tutte le librerie dal 24 marzo.

Raccontare la notte

Circa 160 pagine o poco più, 11 racconti in prima persona, la volta scura del cielo sulle teste e nelle teste. Ogni racconto ha una nitidezza evocativa che non ti aspetteresti al buio: le vite che si autoraccontano in maniera (apparentemente) distratta riflettono una serie di immagini interiori e vivono una serie di vicende esteriori che l’autore riesce a delineare vividamente agli occhi del lettore.

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Fluiscono automaticamente dalla bocca dei personaggi e dai loro monologhi di malinconia gli intrecci complicati che hanno composto il loro vissuto.

Raccontare dai pensieri le storie del passato; raccontare da riflessioni (intimiste, delicate e mai per questo zuccherose) i ricordi di una vita, la fine di un amore, il rimorso di una parola di troppo, di una parola taciuta; non c’è blocco o sbocco narrativo che non proceda di pari passo con un’attenta analisi dell’aspetto più nascosto dell’intimità di chi parla.

Scava e scava al buio affiorano metafore della nostalgia e del silenzio dell’anima; e l’aspetto forse più interessante di questo lavoro è che le immagini che vengono utilizzate per creare queste metafore e anche per sviluppare le trame dei racconti sono decisamente rischiose.

Pesa il rischio della banalità su una serie di coppie come buio e luce, mare e sabbia, suono e silenzio, amore e solitudine: eppure, con sorpresa del lettore, il pericolo di caduta è abilmente superato dall’autore. La capacità di reinterpretare contraddizioni della natura umana, e di riuscire a farlo senza cadere nei cliché più tipici è forse una delle spie più luminose del talento di questo giovane scrittore campano.

Il narratore non viene cristallizzato nella pietra di un’unica individualità: appare piuttosto come il corso fluido e costante di un fiume, un fiume di riflessioni che portano dal ricordo all’essenza (come nella maggior parte dei racconti) e dall’essenza al ricordo (come in quello che è forse uno dei più eccezionali, Long Island, mescolato bene).

E nonostante questo suono comune di scorrere d’acqua, il tono della raccolta non risulta piatto, e ogni personaggio è ben identificato e distinto dagli altri: non tanto da carattere, indole, atteggiamenti (ché ogni racconto è il racconto dell’uomo, non di un uomo) quanto dalla propria storia e dall’unicità di essa.

Spesso l’autore opera un costante cambio di visuale che, rimanendo accompagnato alla prima persona, allarma il lettore e lo tiene in attesa di un indizio che sciolga i suoi dubbi; la maggior parte delle volte questo indizio giunge quasi alla fine, come nel caso di Odissea d’autunno, ma in alcuni casi è presente sin dall’inizio, come in Ego: l’espediente comunque mantiene il ritmo e il lettore sempre tesi.

Il senso di inquietudine nostalgica che genera l’ultima pagina vale l’acquisto e la lettura, e vale anche da promemoria per tenere d’occhio un autore promettente della nostra regione.

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