Momento tipico della tradizione natalizia napoletana, il presepe a Napoli rappresenta l’incontro tra sacro e profano. Quest’anno, a Napoli, l’incontro a castel dell’Ovo con l’arte presepiale
Un’occasione imperdibile per chi vuole rallegrare la vista e rasserenare il cuore a cospetto della Sacra Famiglia, finemente scolpita e immortalata in scene di vita ordinaria dai maestri del presepe napoletano.
Il presepe a Napoli ha origini antichissime: atti notarili ne testimoniano la presenza, in Campania, già intorno all’anno mille, in cui viene citata la chiesa di Santa Maria “ad praesepe”, e nel 1340 la regina Sancia di Aragona (moglie di Roberto d’Angiò) regalò alla clarisse un presepe per la loro nuova chiesa, di cui oggi è rimasta la statua della Madonna nel museo nazionale di San Martino.
Molte le testimonianze anche nei secoli successivi, ma fu nel 1700 che il presepe napoletano conobbe, come arte, il suo massimo splendore: nobili e ricchi borghesi gareggiarono per allestire impianti scenografici sempre più ricercati e in ogni nobile salotto che si rispettasse, ve ne era esposto uno.
Tuttavia, col passare dei secoli, non venne più rappresentata la sola grotta della Natività, ma anche il mondo profano esterno. In puro gusto barocco, si diffusero le rappresentazioni delle taverne con ben esposte le carni fresche e i cesti di frutta e verdura, i pastori, i venditori ambulanti, gli animali.
Tipici alcuni personaggi che costituiscono la peculiarità del presepe a Napoli per eccellenza. Tra questi ricordiamo:
Benito: figura con la quale si fa riferimento a quanto affermato nelle Sacre Scritture: “E gli angeli diedero l’annunzio ai pastori dormienti”. Il risveglio è considerato inoltre come rinascita. Infine Benito, nella tradizione napoletana, è anche colui che sogna il presepe e guai a svegliarlo: di colpo il presepe sparirebbe.
Il vinaio e Cicci Bacco: con la morte del Messia, il vino e il pane saranno i doni con i quali Gesù istituirà l’Eucarestia, diffondendo il messaggio di morte e resurrezione al Regno dei Cieli. Ma contrapposto al vinaio, portatore dei doni di Gesù, c’è la figura di Cicci Bacco, retaggio delle antiche divinità pagane, dio del vino, che si presenta spesso davanti alla cantina con un fiasco in mano.
Il pescatore: è simbolicamente il pescatore di anime. Il pesce fu il primo simbolo dei cristiani perseguitati dall’Impero romano.
I due compari: i due compari, zi’ Vicienzo e zi’ Pascale, sono la personificazione del Carnevale e della Morte. Infatti al cimitero delle Fontanelle in Napoli si mostrava un cranio indicato come “A Capa ‘e zi’ Pascale” al quale si attribuivano poteri profetici, tanto che le persone lo interpellavano per chiedere consigli sui numeri da giocare al lotto.
Il monaco: viene letto in chiave dissacrante, come simbolo di un’unione tra sacro e profano che si realizza nel presepe napoletano.
La zingara: è una giovane donna, con vesti rotte ma appariscenti. È un personaggio tradizionalmente in grado di predire il futuro. In questo caso la sua presenza è simbolo del dramma di Cristo poiché porta con sé un cesto di arnesi di ferro, metallo usato per forgiare i chiodi della crocifissione. Questo personaggio è perciò segno di sventura e dolore.
Stefania: è una giovane vergine che, quando nacque il Redentore, si incamminò verso la Natività per adorarlo. Bloccata dagli angeli che vietavano alle donne non sposate di visitare la Madonna, Stefania prese una pietra, l’avvolse nelle fasce, si finse madre e, ingannando gli angeli, riuscì ad arrivare al cospetto di Gesù il giorno successivo. Alla presenza di Maria, si compì un miracoloso prodigio: la pietra starnutì e divenne bambino, che la chiesa cattolica festeggia quale santo il 26 dicembre.
La meretrice: simbolo erotico per eccellenza, contrapposto alla purezza della Vergine.
I re magi: si trattava di sapienti con poteri regali e sacerdotali. In origine rappresentati in groppa a tre diversi animali: il cavallo, il dromedario e l’elefante che rappresentano rispettivamente l’Europa, l’Asia e l’Africa. Il Vangelo non parla del loro numero, che la tradizione ha fissato a tre, in base ai loro doni, oro, incenso e mirra.
I venditori: uno per ogni mese dell’anno. Gennaio macellaio o salumiere; febbraio venditore di ricotta e formaggio; marzo pollivendolo e venditore di uccelli; aprile venditore di uova; maggio rappresentato da una coppia di sposi recanti un cesto di ciliegie e di frutta; giugno panettiere o farinaro; luglio venditore di pomodori; agosto venditore di cocomeri; settembre venditore di fichi o seminatore; ottobre vinaio o cacciatore; novembre venditore di castagne; dicembre pescivendolo o pescatore.
L’arte del presepe a Napoli si è mantenuta tutt’oggi inalterata per secoli, divenendo parte delle tradizioni natalizie più consolidate e seguite della città. La mostra dell’Unpli ne permette di ammirare i vari modelli appartenenti alle varie province della regione e si conclude con una passeggiata al borgo marinari.