Poco conosciuta è la storia delle grotte napoletane adibite a riti iniziatici cui protagonisti erano gli istinti più elementari
In alcune zone di Napoli è possibile imbattersi in lunghissime gallerie e grotte che sono frutto di venticinque secoli di lavoro degli uomini su un materiale leggero ma resistente: il tufo.
In questo modo sono stati costruiti altissimi palazzi al di sotto dei quali vi erano le suddette gallerie che, in origine, avevano la funzione di portare l’acqua ad ogni casa e in seguito, durante le guerre, furono adibite a rifugi sicuri.
Ciò che è meno noto è che, per molto tempo, alcune di queste gallerie sono state teatro di riti e pratiche orgiastiche.
Parliamo ad esempio della grotta di Piedigrotta che sorge su rocce sedimentarie di origine marina e che per secoli è stata scenario di periodici rituali orgiastici.
Le cerimonie erano organizzate in onore di Priapo, un’antica divinità dei Greci che simboleggiava l’istinto sessuale e la forza generativa maschile e la fecondità della natura.
Nella grotta di Piedigrotta, grazie all’assenza di luce, qualsiasi inibizione veniva a mancare, qui si incontravano giovani uomini e giovani donne che davano libero sfogo alle più intime pulsioni.
In queste feste, benefiche per il corpo e per l’anima, l’alimento protagonista era la sfogliatella.
Questo cibo energetico, dalla forma triangolare che ricorda il pube femminile, era assunto dai partecipanti per rifocillarsi.
Più tardi, sotto l’influenza del Cristianesimo i riti vennero convogliati in una festività annuale durante la quale ci si concedeva a balli sfrenati e a contatti erotici.
Queste feste che celebravano la libertà e l’istintualità, duravano anche quindici giorni.
Per questo stesso motivo sono conosciute anche le grotte Platamonie, situate lungo il litorale sull’antico borgo di S. Lucia.
La formazione di queste grotte però non è dovuta al lavoro umano bensì all’erosione dell’acqua sulla roccia, da qui deriva il nome greco “Platamon” ossia roccia marina scavata dalla forza delle acque.
E’ pur vero che alcune di queste grotte furono adibite all’allevamento delle murene ma nella maggior parte di esse venivano celebrati riti orgiastici che si svolgevano più volte all’anno.
Il rito consisteva nell’incontro tra una Menade -donna in preda alla frenesia e invasata da Dioniso- che veniva coronata da alghe marine da uno Jerofante -nella Grecia antica il supremo sacerdote addetto ai misteri eleusini- che, vestito da uomo-pesce, fecondava la donna.
Dal ‘400 in poi il rituale fu legalizzato e i protagonisti divennero due giovani sposi che consumavano il matrimonio al cospetto dei membri di una setta.
La deflorazione era accompagnata da dolci nenie e dal profumo di essenze bruciate in tripodi, abbelliti da falli alati.
Si narra che, oltre ai rituali di cui si è parlato, questi luoghi erano adoperati per orge che non avevano nulla a che fare con i riti iniziatici.
La malavita che trovava in questi luoghi un nascondiglio per le merci di contrabbando, non tollerava le suddette usanze erotiche e fece così giungere la notizia al viceré don Pedro da Toledo.
Quest’ultimo ordinò la distruzione di tutte le grotte incriminate e il muramento di quelle più profonde.
“[…] i luoghi restano impregnati da forze che molto lentamente decantano ed a nulla valse murare le grotte più profonde adibite alle congiunzioni carnali più folli e scatenate; dal sottosuolo emanano sedimentazioni energetiche, viscerali, piroclastiche, telluriche, sibilline […]” Achille Della Ragione
fonti: Napoli e la napoletanità nella storia dell’arte di Achille Della Ragione