Santi Migranti, un progetto fotografico di arte pubblica, a cura del napoletano Massimo Pastore (1971), che intende rammentare come e quanto le figure religiose e culturali della nostra tradizione siano state uomini e donne che vissero storie di migrazione.

Non sempre ci si trova d’accordo con le leggi o le sentenze emanate dal proprio, o presunto tale, Paese. È il tempo dei migranti, son stati politici e media a decretarlo, nel bene ma soprattutto nel male. Cosa fare allora? Spesso a dar voce al dissenso sono gli artisti, a volte può bastare aggiungere una “S” per sovvertire le prospettive. Così è stato concepito Santi Migranti, un progetto fotografico di arte pubblica a cura del napoletano Massimo Pastore (1971). Nel giro di pochi mesi ha compiuto un’impresa d’altri tempi coinvolgendo numerose città italiane e straniere – Napoli, Matera, Venezia, Roma e Bruxelles – e sparpagliando sui muri veri e propri santini di grosse dimensioni. La questione è all’ordine del giorno e infiamma il dibattito politico e mediatico: il progetto intende rammentare come e quanto le figure religiose e culturali della nostra tradizione siano state uomini e donne che vissero storie di migrazione. Santa Patrizia di Costantinopoli, San Gaudioso e Santa Brigida, ma anche figure contemporanee come il Dalai Lama e il ballerino russo Rudolf Nureyev, avvolti dalla dorata coperta isotermica, vista così spesso sui canali mediatici, con la loro storia scritta in basso.

Il tutto ha preso il là nel mese di febbraio, quando, a Napoli come in altre località italiane, sono apparsi dei manifesti A3 con l’hashtag #quiriposa. Si trattava in parte delle trasposizioni di iscrizioni presenti sulle lapidi del Cimitero di Lampedusa (ove sono sepolti i migranti morti in mare) e in parte dei più grandi e tragici racconti di naufragi degli ultimi anni. Scenari che non hanno lasciato indifferente l’artista, il quale,  viste le recenti e discutibili politiche anti-migranti, ha manifestato la volontà di realizzare qualcosa di concreto. Massimo Pastore ha così deciso di accendere i riflettori sulle storie di figure portate agli onori degli altari, icone religiose e popolari che spesso si celano nelle nostre case, amate e osannate, ma che a volte non sono italiane; icone provenienti da terre lontane, figure che nel corso della loro storia sono state esse stesse migranti. 

Santa Brigida, allestimento, Comune di Napoli


Santa Patrizia, compatrona di Napoli, fuggita da quella che è oggi Istanbul a causa del matrimonio impostole dal padre. Si imbarca per la Terra Santa, che non raggiungerà mai, perché naufragherà sulla costa di Napoli, dove morirà poco dopo. Stessa sorte tocca anche a San Gaudioso, chiamato anche il Santo Africano, che parte dalla Tunisia per sfuggire alle persecuzioni da parte dei vandali di Genserico per poi naufragare sulla barca senza vela e senza remi, ancora una volta a Napoli. Ma non è solo una questione napoletana; pensiamo a Santa Brigida che dalla Svezia parte per arrivare a Roma e poi in Terra Santa. (Massimo Pastore)

Il progetto Santi Migranti vanta anche delle icone contemporanee e viventi. Si pensi al Dalai Lama, un migrante forzato scappato dal Tibet che vive in esilio in India. L’artista ha anche realizzato l’immagine di un santo laico migrante per l’ArciGay di Napoli in occasione del Pride, ispirandosi alla figura di Rudolf Nureyev, giunto a Parigi con il Balletto Russo: una volta goduto del gusto della libertà, culturale e sessuale, sebbene il KGB imponga il rientro, con una scusa, lui intuisce l’inganno e si nasconde, fino a chiedere e ottenere l’asilo politico in Francia.
C’è un fil rouge che lega tutti questi personaggi ed è la presenza di una coperta isotermica, che riveste tutti i corpi raffigurati.

Il metodo impiegato da Pastore per la realizzazione dei suoi lavori è piuttosto originale: per quel che concerne i santi, adopera dei modelli, delle persone selezionate in base a una conformità con l’icona alla quale sta facendo riferimento. Poi procede nella costruzione di tutti degli ornamenti sacerdotali che loro indossano, come la tiara e il pastorale, e infine ecco la fotografia. A questo hanno fatto eccezione il Dalai Lama e Nureyev, i cui volti si possono trovare in immagini più o meno recenti.

Un lavoro dalla prorompente carica comunicativa, un monito che, esposto talvolta in maniera non autorizzata, parla direttamente alle persone. Un lavoro politico, in quanto riferito alla polis, alla città e alle persone, un “messaggio gentile” che vuole rammentare, soprattutto a quanti stanno smarrendo la memoria, che la migrazione è parte di tutti noi, ieri come oggi. L’uomo è in viaggio, da sempre.

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