Vairano Patenora, in provincia di Caserta, uno dei comuni più importanti di tutta la regione, dal punto di vista storico
Vairano sorge in posizione strategica sui monti Trebulani, a controllo della Valle del Medio Volturno, nei pressi della confluenza della strada proveniente dal Sannio e la via Latina, oggi Casilina, che congiungeva Roma a Capua. Il nome deriva dalla denominazione latina del luogo connessa con il nome latino Varius.
I più antichi documenti in cui il nome del paese compare talvolta nella variante Bairano, sono costituiti da un diploma del 745 e da un atto del 963, un passo del quale, fra l’altro, viene ricordato come una delle prime testimonianze in lingua volgare. La specificazione “Patenora” è stata aggiunta nel 1862 e deriva dall’antico nome della contigua località di Patenaria.
I resti di fortificazioni sannite attestano l’esistenza di un insediamento molto antico. L’attuale centro urbano si è sviluppato probabilmente in età altomedioevale, allorché gli abitanti della zona furono spinti dalle devastazioni barbariche a lasciare la pianura per arroccarsi sui colli circostanti. Nelle lotte tra l’imperatore Enrico VI di Svevia e Tancredi, duca di Lecce, Vairano si schierò con quest’ultimo, ribellandosi al cardinale Roffredo Dell’Isola, che era stato imposto dall’imperatore come feudatario. Le truppe imperiali cinsero d’assedio il borgo fortificato ma furono costrette ad abbandonare il campo. Da questo episodio sembra derivare il motto impresso sullo stemma civico: “1193: Vairanum impugnans in nullo profecit”. Nel 1254 Vairano, insieme ad altre terre, fu concesso in feudo ai fratelli Tommaso e Giacomo d’Aquino. Da Carlo d’Angiò Vairano fu poi assegnato a Giovanni de Fonsomme, da cui passò ai Lagonessa e successivamente a Roffredo Caetani, fratello del papa Bonifacio VIII. Nel 1305 il feudo fu venduto a Bartolomeo de Capua, illustre giureconsulto, ricordato per numerose opere, tra le quali il rifacimento del convento di Sant’Agostino. Per passaggi ereditari, poi, Vairano pervenne, alla fine del Trecento, a Orsolina De Ioli, che sposò bernardo d’Aquino, discendente di quel Tommaso che era stato barone di Vairano. Il successore Francesco nelle aspre contese dinastiche per la successione di Giovanna II, si schierò con Alfonso d’Aragona e subì pertanto le aggressioni dell’esercito del Vitelleschi, che nel 1437 incendiò e distrusse l’intero borgo e il castello. A metà Cinquecento il feudo passò alla famiglia Cossa e da questa, nel 1490, ai Mormile,. Abolita nel 1806 la feudalità da Giuseppe Bonaparte, anche Vairano fu eretto a comune autonomo con propria amministrazione. Nel territorio di Vairano e precisamente in località Taverna Catena, secondo gli storici locali sarebbe avvenuto nel 1860 il celebre incontro tra Garibaldi e Vittorio Emanuele II. Tale luogo sarebbe stato confuso con Borgonuovo di Teano dove, invece, i due si sarebbero congedati dopo aver percorso la strada insieme.
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La parte più alta dell’abitato di Vairano Patenora è dominata dal Castello, la cui struttura più antica fu eretta da Ripandolfo VI nell’XI secolo. Nell’edificio si fermarono a pernottare il re Carlo I d’Angiò e il papa Gregorio X in viaggio verso Napoli e, più tardi Carlo II detto Lo Zoppo. Distrutto nel 1437, il castello fu ricostruito tra il 1491 e il 1503 da Innico II d’Avalos, insieme alla cinta muraria difesa da 15 torri e tre porte di accesso alla città: Porta Oliva, Porta di Mezzo e Porta Castello. Numerose le chiese, le più antiche delle quali erano quella di Sant’Andrea, situata nell’area del castello, e quella di San Bartolomeo, nella piazza del Mercato, al centro dell’abitato. L’attuale Chiesa di San Bartolomeo è stata invece costruita tra il 1770 e il 1825 a metà collina e presenta una facciata tripartita, scandita da paraste con capitelli corinzi. Oltre alla statua lignea di San Bartolomeo, risalente al XVII – XVIII secolo, vi si trova la seicentesca statua di Sant’Antonio e quella della Madonna del Cardellino, proveniente dal convento della Ferrara. In una cappella è conservato l’altare di San clemente, con la reliquia del corpo del Santo. Molto antica è anche la Parrocchiale di Sant’Orsola, la cui fondazione è attribuita a Orsolina De Ioli, baronessa di Vairano, tra il 1380 e il 1392. Interessanti sono anche la Chiesa di San Tommaso, che presenta una cupola dal caratteristico rivestimento a sbalzi e il Convento di Sant’Agostino, del cui originale impianto restano alcune monofore e il portale ogivale su cui è scolpito lo stemma di Bartolomeo de Capua. Poco lontano dall’abitato, infine, sono visibili i resti dell’Abbazia della Ferrara, che prende il nome dall’omonima valle in cui è situata, fondata nel 1171 dal monaco Giovanni da Fossanova e creata abbazia nel 1184. I grandiosi ruderi sono la muta testimonianza del passato splendore della struttura, che raggiunse il suo massimo livello all’epoca di Federico II. Già con gli angioini cominciò, infatti, una lenta ma inesorabile decadenza, aggravata dalle continue scorrerie degli eserciti mercenari. Dalla metà del Quattrocento la badia, evidentemente impoverita di mezzi e di uomini, fu ridotta a commenda, venne poi abbandonata dopo la soppressione della feudalità.
Da assaggiare assolutamente la tipica “Sausiccia di Vairano”, preparata dalle famiglie locali, inconfondibile per il suo gusto ed il colore rosso e menzionata anche dal Veronelli. da non perdere anche le misteriose “Peschiole”, una varietà particolare di pesche nane conservate in agrodolce secondo un’antica ed esclusiva ricetta che le rende croccanti e di gradevole gusto.