Storia di un addio, di Mario Artiaco

recensione di Maddalena Venuso

 

Uno “spirito libero”, Mario Artiaco, inquieto figlio dei nostri tempi, capace di grandissimo Amore e di altrettanto grandi passioni. Impegnato nel sociale nelle situazioni più disparate, ha appreso l’arte di amare come lasciare andare, trattenendo nel cuore e nell’anima le persone che ha avuto la fortuna di incontrare e con le quali ha condiviso tappe importanti del lungo cammino della vita.

La scrittura è per Artiaco il punto d’approdo di una necessità di raccontare, di condividere esperienze e storie con gli altri, che Mario è sempre pronto ad incontrare e con cui ama confrontarsi, per comprendere e crescere.

La morte della madre amatissima, Maria Francesca, è un nuova occasione per aprire il proprio cuore e la propria vita al mondo, per “dire a tutti chi era Lei” e condividere la vita che, se vissuta da soli, conta più giorni grigi che giornate di sole.

Quando lei è dovuta partire, stampato in self publishing su Amazon, scelta operata dall’autore nel rispetto della propria libertà di espressione, è il racconto, intenso, sintetico eppure coinvolgente dell’ultimo periodo della vita di una madre, accompagnata Oltre dai figli e dai nipoti, senza strepiti ed esagerazioni, per lasciarla andare quasi con gioia, certi che la Vita continua e ci si rivedrà tutti un giorno…

         

Come l’autore stesso scrive in una nota iniziale che non porta il pomposo nome di prefazione, i primi ventuno, brevi capitoli, raccontano i giorni precedenti il 3 febbraio 2021, il mercoledì in cui l’autore è diventato definitivamente orfano. Orfano, sì, insieme alle sorelle e ai nipoti di Maria Francesca, perché non si è mai grandi abbastanza per definirsi altrimenti quando si perde un genitore o un nonno. Un racconto denso d’Amore, amore che permea e riempie un’attesa inevitabile, di cui è già svelato il finale, ma che viene vissuta seguendo la difficile routine del quotidiano con leggerezza imposta a lenire la pesantezza del cuore, che sente di non essere pronto al distacco. E come si può mai essere pronti? Si susseguono, allora, momenti di normale vita familiare a momenti in cui ciascuno, pur stando insieme agli altri, è in realtà solo con se stesso e i propri pensieri, con i ricordi che si inseguono, si affastellano e si accavallano, accompagnando in un lungo flashback  la partenza della madre, perché se è vero che “Amare
è lasciare andare”, è anche vero che “riponi comunque ancora una speranza sia accordato un ultimo saluto, uno sguardo, una carezza, un bacio, una parola, una lacrima, un sorriso”. E, in tempo di COVID, se la tua famiglia si ammala tutta insieme e deve restare in isolamento mentre LA PARTENZA si prepara, si spera che la sofferenza finisca presto e allo stesso tempo ci si augura di poter ancora una volta abbracciare chi amiamo.

Mario Artiaco racconta un addio non facile, ma lo fa senza appesantire le pagine con sagge riflessioni sulla vita e sulla morte, anzi inserendo nelle brevi pagine che costruiscono il mosaico della narrazione, aneddoti quasi ironici, oserei dire allegri, di quell’allegria che nasce dal ricordo consapevole di momenti talmente radicati nell’esperienza familiare da non poterli allontanare neanche nei momenti più bui. Anche perché lei, la Mamma, continua ad essere la Mamma di sempre. “Anche adesso che percorre gli ultimi metri lo fa in una maniera trionfale, con una enorme dignità, come se sapesse perfettamente come si muore. E invece è la prima volta che deve morire ma è sempre il grande capo, sempre colei che infonde tranquillità e ci porta per mano, sempre quella che ci mostra il sentiero.” Ė forse questo il motivo che consente a quindici persone, la notte prima della Partenza, di dormire ammassati tutti in casa della nonna e svegliarsi come fosse un giorno di festa.

Parole scelte con cura, semplici ma ricche di Bene e Amore, spunti di riflessione sul fine vita, come nelle pagine che raccontano dell’Unzione degli Infermi, e sul senso della sofferenza e della morte. Si dipanano così, come un racconto a tratti quasi surreale, i primi 21 capitoli che raccontano gli ultimi giorni della Mamma in maniera lieve, mai disturbante, e dove le uniche dissonanze sono date dal desiderio che Mamma smetta presto di soffrire e il bisogno tutto umano di averla ancora con sé.

I secondi 21, anch’essi brevi, capitoli, alternano fra analessi e prolessi alcuni giorni precedenti e altri successivi allo spartiacque costituito dal 3 febbraio 2021. Dall’irreale rito della cremazione al ricordo di come, morta la Nonna, siano stati riaccesi tv e Radio per mantenere la stessa atmosfera di quando Lei viveva, al ricordo della frattura del femore avvenuta l’anno precedente, alla consapevolezza che occorre conservare i ricordi felici, perché “Mia Mamma non parla. Mia Mamma non parlerà più”, corrono i ricordi di una vita insieme, di dichiarazioni d’amore verso i figli che la Mamma fa quando avverte che sta per arrivare il Momento, fino agli ordini pratici impartiti ancora pochi giorni prima. Artiaco tesse, in queste pagine, la tela di rapporti familiari, di sangue e non, che accompagna Maria Francesca verso la nuova Meta (curiosa omonimia con il luogo del cuore dove c’è una casa di famiglia ricca di storie), da quando apprende che un’ospite sconosciuto si è insediato nel suo addome a quando, fra i mille accadimenti giornalieri della vita, “arriverà la fine ma non sarà la fine”. Difatti fine non è: restano i ricordi, i segni di quei ricordi, come il profumo di lei, i sogni e finanche la concessione che l’autore fa a se stesso di sciogliere, finalmente, il dolore in pianto, nel grido che invoca ancora “Mamma!”, nella decisione di chiudere il libro che sta scrivendo per Lei, di Lei e con Lei, dicendole ancora il suo bene e chiedendole di benedire da Lassù, insieme al papà, lui e tutta la famiglia. Grato della Vita ma anche della Morte.

 

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