Seconda parte. Continua il racconto che da Finale Ligure ci accompagna verso il Natale.

Tombolata

Hanno vestiti dozzinali. Seduti a un tavolo un po’ sbilenco su sedie di legno tarlato. Sul tavolo le cartelle della tombola, un po’ stropicciate per l’uso, il “panariello” con i numeri da chiamare (da 1 a 90) e un bel mucchio di fagioli secchi per segnare sulle cartelle i numeri usciti. E poi una caraffa con mezzo litro di vino da quattro soldi, comprato all’osteria lì vicino, e bicchieri per sorseggiarlo tra una chiamata di un numero e l’altra.

Passano così le serate in attesa del cenone di Natale, quando mangeranno un po’ di più e un po’ meglio di come sono abituati. Allora magari all’osteria compreranno del vino meno scadente e per una sera si sentiranno meno poveri.

Il pozzo

L’acqua è un bene prezioso: per bere, per cucinare, per lavare i panni, qualche volta per lavarsi. Si va a prenderla al pozzo quando, come la maggior parte degli abitanti del paese, non si è abbastanza ricchi per pagarsi l’arrivo dell’acqua in casa.

Il pozzo non è importante solo perché butta acqua per chi non ce l’ha in casa. Il pozzo è uno squarcio di vita vissuta. C’è la giovane donna che lava i panni in una tinozza; un’altra giovane che porta sul capo la brocca con cui prenderà l’acqua per portarla a casa; ci sono due ragazze che stendono al sole, sui rami di un albero, il bucato. E c’è anche un soldato che fa il filo alla giovane lavandaia o a quella con la brocca.

continua…

 

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