Il prestigioso riconoscimento internazionale è stato assegnato all’archeologo vesuviano che in quasi mezzo secolo di scavi e studi è entrato di diritto nel gotha mondiale degli archeologi

Carlo Avvisati 

 

Stefano De Caro, archeologo vesuviano di fama internazionale, è il vincitore della sesta edizione del Premio internazionale intitolato a don Amedeo Maiuri. Il prestigioso riconoscimento alla carriera per l’archeologo nato a Boscoreale, cittadina vesuviana che duemila anni fa era parte importante di quel “Pagus” pompeiano che nel I secolo dopo Cristo occupava tutto il versante sud del Vesuvio, arriva dopo quelli assegnati a Mario Torelli, M’ Hamed Hassine Fantar, Masanori Aoyagi, Paolo Giulierini e Eva Cantarella. 

Il trofeo del “Trowel”, ovvero la cazzuola caratteristica che è strumento di lavoro per ogni archeologo che scavi, gli verrà consegnato da Umberto Pappalardo, pompeianista, valente archeologo e Presidente della giuria del “Maiuri”, venerdì 15 novembre prossimo, alle 10:30, nella Sala del Consiglio comunale di Pompei, sede istituzionale del “Premio”. 

Gli altri componenti della qualificatissima giuria che ha deciso il vincitore del “Maiuri” per il 2024 sono tutti archeologi di chiara fama e valore: Antonio De Simone, Silvia Martina Bertesago, Maria Antonietta Boffa e Gabriel Zuchtriegel. 

Che quest’anno fosse arrivato il momento di conferire a Stefano De Caro l’ambitissimo riconoscimento internazionale intitolato a don Amedeo Mauri, il grande archeologo che per quasi quarant’anni scavò e tirò fuori dall’oblio gran parte delle città vesuviane sepolte dall’eruzione agostana del 79 dopo Cristo, era notizia data per certa dai bene informati. 

De Caro, che si è laureato giovanissimo alla Federico II con una tesi di cui fu relatore il soprintendente archeologo del tempo, Alfonso De Franciscis, ha studiato e si è specializzato  tra Scuola Nazionale di Archeologia della  “Sapienza” di Roma e la Scuola Archeologica Italiana di Atene, conosce e parla correttamente cinque lingue,  ha imparato il mestiere, si è perfezionato e si è fatto conoscere scavando tra l’area vesuviana, quella tarantina e l’altra molisana. Ha diretto l’Ufficio Scavi di Pompei nel post terremoto dell’80, venendo nominato Vice Soprintendente della Soprintendenza Speciale per gli interventi post – sismici in Campania e Basilicata presso gli Uffici della Reggia di Capodimonte. Nel 1991 fu nominato Soprintendente ai Beni Archeologici delle Province di Napoli e Caserta e qualche anno dopo ricoprì il ruolo di Direttore Regionale dei Beni Culturali e Paesaggistici della Campania. Divenne poi Direttore Generale del settore dell’Archeologia dell’allora Mibac a Roma. In fine di carriera è stato per sette anni direttore generale dell’ICCROM, ovvero il Centro internazionale per lo studio e la conservazione e il restauro dei Beni Culturali, che è un segmento dell’Unesco. 

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