Terre di Campania saluta un Maestro: Luciano De Crescenzo, l’incarnazione dello spirito napoletano, un legame speciale con una città che lo ricorderà per sempre
Luciano De Crescenzo, una personalità intrigante e coinvolgente.
Credo di essere una di quelle scalette con soli tre gradini, che si trovano nelle biblioteche e che consentono di prendere i libri dagli scaffali che stanno più in alto. Avrei voluto aggiungere che quando si studia è determinante la voglia di studiare: più un allievo si appassiona a una materia e più è facile che la capisca.
Un professore con un unico intento, quello di invogliare la conoscenza della filosofia in un ragazzo di sedici anni. Un tentativo piuttosto ambizioso, ma non impossibile.
C’è in più il mio modo di raccontare da alcuni definito (purtroppo) “umoristico”. Infine, non è colpa mia se ogni tanto mi scappa una battuta: a tale proposito colgo l’occasione per chiarire che a consigliarmi per primo di scrivere un libro di filosofia non fu un editor ma un appassionato di anagrammi.
Il titolo Storia della filosofia greca anagrammato delinea proprio quella indole di cui pocanzi: ridi e fai folla grossa e colta.
Luciano De Crescenzo ha incarnato come pochi lo spirito del napoletano. Con Napoli ha sempre intrattenuto un legame speciale, un riferimento costante all’interno di ogni sua opera. La definizione che ne ha restituito è stata ogni volta originale.
… anche se Napoli, quella che dico io, non esiste come città, esiste sicuramente come concetto, come aggettivo … Napoli è la città più Napoli che conosco e che dovunque sono andato nel mondo ho visto che c’era bisogno di un poco di Napoli.
Napoli per me non è la città di Napoli ma solo una componente dell’animo umano che so di poter trovare in tutte le persone, siano napoletane o no. A volte penso addirittura che Napoli possa essere ancora l’ultima speranza che resta alla razza umana. (Così parlo Bellavista)
Peculiarità, pregi e difetti, tradizioni e memorie dei napoletani hanno alimentato il suo intero percorso artistico e letterario. Un’umorista acuto e brillante che ha saputo cogliere di continuo il volto insolito e positivo dell’esistenza. Ma soprattutto capace di uniformarsi al “pressappoco” tutto napoletano, una vera e propria filosofia di vita, un modo di essere, una prospettiva unica sul mondo. Un’angolatura che gli ha concesso la possibilità di restare in possesso di una visione spontanea, tollerante e flessibile della vita nei confronti di ciò che per sé stesso ha ritenuto fondamentale: amore, religione, arte e scienza. La saggezza e l’umiltà di immedesimarsi nelle condizioni esistenziali altrui, di cambiare opinione quando opportuno, preferire la primavera all’estate, il caso al destino, l’ironia alla comicità.
La napoletanità era per me il dialogo, i rapporti interpersonali, la musica, il sentimento e tutte quelle manifestazioni umane di cui più sentivo la mancanza a Milano. La milanesità, invece, era il rispetto per il prossimo, la capacità di mettersi in fila, la puntualità e il senso civico.
La redazione di Terre di Campania ti saluta, con l’affetto e
l’amore dei nostri cuori e delle nostre penne.
Napoli tutta ti saluta, colma di quell’amore che solo questa città porta in
grembo e sa donare.
Che cosa vuol dire veramente “amare”? è dedizione, crescita, esplorazione, conoscenza, passione, condivisione? L’amore è quel sentimento che più di tutti ci aiuta a capire il significato del tempo, e non perché duri per sempre – forse solo l’amore per un figlio può considerarsi eterno – ma semplicemente perché ci consente di avere una diversa percezione della durata della nostra vita. (Non parlare, baciami. La filosofia e l’amare)
Con le emozioni che ci hai fatto provare, hai reso gli attimi del tempo più larghi, hai allargato la nostra vita facendoci sentire meno soli e, appunto, più amati. Ciao Luciano.