Settima parte. Maria, la Madre di Dio, partorisce in un’umile stalla.
Poi, come ci dicono i Vangeli, di fronte a tutti gli straordinari accadimenti di quei giorni “Maria serbava in sé tutte queste cose, meditandole in cuor suo”. Ho lasciato passare qualche giorno prima di pubblicare questa ultima parte del racconto personale di Luigi Vassallo reativamente al presepio e all’attesa del Natale. Natale é giunto, nell’atmosfera gioiosa di questi giorni riserviamoci uno spazio per meditare la Novità che ha cambiato il destino dell’uomo.
Maria
Quella ragazza, che cammina accanto a un uomo già avanti negli anni, è incinta. L’uomo sarà suo marito o suo padre?. Hanno già bussato a un paio di dormitori pubblici per passare la notte, ma non hanno trovato posto. Forse li hanno respinti non perché non avessero da pagare, ma perché sono forestieri e la gente qua è sempre sospettosa verso chi viene da fuori, a meno che non sia uno carico di soldi, pronto a spenderli sul posto. Alla fine i due ottengono di essere alloggiati in una stalla: il padrone, che abita in una casetta lì vicino, facendosi pagare il fitto della stalla come se fosse una confortevole camera d’albergo, ha dimenticato tutte le sue diffidenze nei riguardi dei forestieri. Quando partorirà Maria? Così l’ha chiamata il marito o il padre, mentre le sistemava con la paglia della stalla un giaciglio alla bell’e meglio. Per quello che loro due riescono a capire, non manca molto al parto. C’è chi partorisce assistita in un ospedale da medici e infermiere competenti. C’è chi partorisce con l’aiuto di una mammana, che mette a disposizione delle altre donne l’esperienza che si è fatta quando, più volte, ha partorito lei. C’è chi partorisce da sola, perché non vuole che il suo corpo sia profanato da medici o mammane oppure perché non ha i soldi né altro per ricompensare gli uni o le altre. Ma sempre chi partorisce, anche mentre soffre per il dolore del parto, sogna per la bambina o il bambino che sta per nascere un futuro migliore del presente che la loro madre e il loro padre vivono. Un futuro in cui non ci si debba accontentare di una stalla per dormire o per mettere al mondo un figlio. Un futuro in cui non si debba elemosinare un lavoro per campare. Un futuro in cui non si sia guardati con sospetto o disprezzo perché si parla un’altra lingua o si ha la pelle di un colore diverso dagli altri. Nessuna mamma, mentre dà al mondo un figlio o un figlia, vuole immaginare che un giorno quel bambino verrà messo in croce.