Martedì 22 Settembre 2020 alle ore 21 presso il Teatro Bellini di Napoli il Napoli Teatro Festival Italia diretto da Ruggero Cappuccio presenta, in prima assoluta, lo spettacolo in lingua araba con sottotitoli italiani Y-Saidnaya diretto da Ramzi Choukair.

Nel 1996 il 22enne studente turco Riyad viene arrestato dai servizi segreti siriani. Accusato di spionaggio viene torturato ed  internato nel carcere di massima sicurezza Saidnaya, a nord di Damasco, rimanendovi  per ben 21 anni. Egli promette a se stesso che se ne uscirà vivo, testimonierà al mondo le privazioni, i dolori, le sofferenze patite in modo che tutti il conoscano gli orrori di un regime spietato e crudele.

Il titolo fa riferimento a una prigione a nord di Damasco, dotata di una sezione speciale per i dissidenti politici, dove, secondo un rapporto di Amnesty International del 2017, sarebbero state uccise non meno di 13mila persone in circa 4 anni, dopo essere state ripetutamente torturate e private di cibo, acqua, medicine e assistenza medica. In quel luogo dell’orrore Riyad Avlar vive, ma sarebbe meglio dire sopravvive, per oltre due decenni e promette a sé stesso che se verrà fuori dall’incubo, testimonierà. Lo fa oggi in teatro, e non è solo in scena, in questo vero e proprio evento culturale e politico, per aiutare a svelare la barbarie e i meccanismi diabolici di un regime che, attraverso la collusione tra potere, religione e corruzione, controlla con pregiudizio e punisce con crudeltà, mettendo i siriani gli uni contro gli altri.

Riyad, così come gli altri protagonisti (Hend Alkahwaji, Riyad Avlar, Rami Khalaf (sostituto di Jamal Chkair), Alaa Mansour, Shevan Rene van der Lugt) sono testimoni diretti di ciò che è avvenuto a Saidnaya.

Con questa pièce il regista vuole concentrarsi su ciò che è accaduto e sta accadendo in Siria, suo paese natale. Inoltre, Choukair ritiene che la libertà è un diritto fondamentale, ma ancor di più lo è il rispetto della libertà individuale e collettiva. Ad un’intervista rilasciata a La scène nationale Châteauvallon-Liberté, egli afferma che “la sua vita è diventata una scena teatrale”. Pertanto per lui il teatro è fondamentale per potersi raccontare e per poter dar voce a persone che per tanto tempo non hanno potuto testimoniare. 

A tale proposito Hend Alkahwaji racconta la sua storia: ella è stata imprigionata nel 1982 in quanto militante all’interno della Lega dell’azione comunista. Dovrà trascorrere 8 anni di puro inferno, in condizioni disumane e subendo torture.

L’attore Shevan René van der Lugt è un personaggio molto interessante: egli è nato da madre ebrea e papà cristiano. Egli ci rivela di quanto la sua personalità fosse sempre stata divisa in due, ancor di più quando suo padre decide di convertirsi all’Islam e si risposerà. Di questo passaggio Shevan ne resterà segnto, dal momento che per suo padre lui si chiamava Mohammad, mentre per sua madre lui era sempre René. In seguito l’incontro con un prete cristiano sarà decisivo nella sua vita, in quanto finalmente sarà incoraggiato a seguire se stesso e ad accettare la sua omosessualità, motivo per il quale lui e il suo compagno, un soldato curdo, verranno incarcerati. Non appena i due riuscirono ad uscire dal carcere, decisero diandar via dalla Siria. In Olanda cambierà anche la sua identità: “Adesso mi chiamo Shevan, in onore del mio compagno e ho deciso di cambiare il mio cognome in Van der Lugt, cognome del prete che mi ha fatto ritrovare. Adesso spero dinon cambiare più la mia identità nell’avvenire”, sono queste le parole dell’attore.

Le musiche tradizionali sono di Saleh Katbeh, musicista e compositore siriano. Katbeh con i suoi strumenti riece a far catapultare per una sera gli spettatori nella sua terra natale.

 Il rapporto, intitolato “Il mattatoio di esseri umani: impiccagioni di massa e sterminio nella prigione di Saidnaya”, denuncia anche le condizioni inumane di detenzione all’interno della prigione di Saidnaya, tra cui torture reiterate e diniego sistematico di cibo, acqua, medicinali e cure mediche. Questa politica di sterminio ha causato la morte di tantissimi detenuti. Queste pratiche, che costituiscono crimini di guerra e crimini contro l’umanità, sono state autorizzate dai livelli più alti del governo siriano.

A tal proposito ci si pone una domanda: Quando finirà tutto questo? I protagonisti sul palcoscenico del Teatro Bellini sono la prova evidente di quanto sia profondamente lacerante e distruttiva. Loro, principali vittime, hanno perso tutto: affetti, famiglia, tempo e soprattutto dignità in quelle carceri.

Lo spettacolo, coprodotto da Fondazione Campania dei Festival-Napoli Teatro Festival Italia, Bonlieu-Scene Nationale Annecy, La Villette-Parigi, Espace Malraux-Scene Nationale Chambery, Theatre D’ Arles, ha il sostegno dell’Institut Francais e della Fondazione Nuovi Mecenati. L’evento fa parte inoltre de “La Francia in scena”, stagione artistica dell’ambasciata di Francia in Italia.

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