Carlo Avvisati firma un saggio che ricostruisce oltre un secolo di ricerche ed ipotesi su un caso archeologico ancora irrisolto.
di Maddalena Venuso
Dopo 2000 anni di storia c’è chi fa ancora parlare di sé. Plinio il Vecchio, il famoso prefetto della flotta imperiale di stanza a Capo Miseno, non si rassegna all’oblio della memoria, e stuzzica ancora una volta la pregiata penna di Carlo Avvisati, poeta, saggista, esperto di lingua napoletana e soprattutto raffinato giornalista. Ė il consumato mestiere di giornalista, che Avvisati ha esercitato per lunghi anni su periodici e quotidiani (e, lasciatemelo dire, se ne avverte la mancanza), che traspare chiaramente in uno dei suoi ultimi lavori: PLINIO IL VECCHIO – IL MISTERO DEL CRANIO RITROVATO.
Il testo, edito da ARTE’M nel novembre 2023, anno della ricorrenza bimillenaria della nascita di Plinio, che si continua a celebrare nel 2024, è opera di pregio, ancorché contenuta nella lunghezza, e analizza, con acribia e con l’accuratezza che lo stesso Plinio metteva nel raccogliere dati, schedarli e valutarli, tutte le ipotesi relative al ritrovamento del “cosiddetto” cranio di Plinio, lasciando intendere la propria posizione in merito e consentendo al lettore di elaborare liberamente il personale giudizio finale.
Dall’antefatto, alla scoperta del cranio, alla ricostruzione archeologica portata avanti con rigore scientifico (l’autore ha scritto centinaia di articoli, per IL MATTINO di Napoli, sull’archeologia pompeiana e vesuviana, tutti caratterizzati da raffinata scrittura giornalistica e notevole competenza archeologica, una parte dei quali sono stati recentemente inseriti nell’opera omnia di Laurentino Garcia y Garcia, “NOVA BIBLIOTHECA POMPEIANA…”, contenente l’intero corpus di quanto sia mai stato scritto sulle città distrutte dal Vesuvio nel 79 d.C.), passando per i gossip dell’epoca sul ritrovamento e fino ad arrivare alle moderne indagini, Avvisati traccia un resoconto puntuale del “cold case” archeologico, corredando il volume di un’appendice relativa al museo privato organizzato dall’ingegnere autore della “scoperta” e non mancando di fornire una bibliografia dettagliata ed esauriente. Il saggio va ad integrare ed ampliare, alla luce di nuovi fatti, un precedente lavoro, nel quale Avvisati già raccontava, con dovizia di particolari, l’eccezionale ritrovamento occorso durante lo scavo in Località Bottaro, fra Castellammare e Boscotrecase, intrapreso e portato avanti fra il 1899 e il 1901 dall’ingegnere Gennaro Matrone. Il Matrone, mosso da ben altro che dal sacro fuoco dell’archeologia, ebbe la gran fortuna di ritrovare, fra quelli di altri fuggiaschi vittime del Vesuvio, un “corpo” addossato ad una colonna, con un gladio non da combattimento ma da parata, oggetti d’oro e altro ancora. Il Matrone, che aveva anche, a parer suo, da recuperare perdite finanziarie subite a causa di scavi voluti dalla Soprintendenza, diede corpo all’interpretazione fantastica di quei resti e sposò l’idea che appartenessero a Plinio il Vecchio, che da Miseno era stato chiamato da amici residenti in zona affinché portasse loro aiuto. Vendette poi il cranio al giornalista Alessandro Tomassi, che ne scrisse in una “Strenna dei Romanisti” per il Natale 1949, affermando che i resti, da lui stesso donati al Museo storico dell’arte sanitaria di Roma, appartenessero a Plinio. Da qui una serie di consultazioni mediatiche, con veggenti più o meno famosi, che avvertirono vibrazioni “pliniane” al contatto col teschio.
Avvisati ricostruisce per i lettori e per gli appassionati studiosi di Archeologia pompeiana tutto l’iter delle interpretazioni, delle ricerche e delle valutazioni, ad opera di archeologi e di appassionati, nonché delle suggestioni intervenute grazie al racconto di coloro che furono presenti, in diverse vesti, allo scavo, mostrando il coraggio della consapevolezza di chi, conoscendo a fondo l’argomento, non teme di addentrarsi in un percorso che ha sollevato dubbi anche presso eminenti studiosi. Non esistono, secondo Avvisati, elementi sufficientemente sicuri per poter attribuire il cranio a Plinio ma, come rimarca Gabriel Zuchtriegel, che firma la prefazione al saggio, esso è occasione per offrire ai lettori un excursus lungo la storia degli anni d’oro dell’archeologia pompeiana, quando venne alla luce un inestimabile patrimonio di reperti e di abitazioni che hanno reso possibile una prima visone d’insieme sul territorio sepolto dall’eruzione del 79. Ben lo afferma il giornalista di Repubblica Antonio Ferrara che, introducendo il lavoro del collega, ne sottolinea il valore documentario, accresciuto, a mio avviso, dal ricco corredo di foto d’epoca, dalla storia dell’Ercole Matrone e dalla gemma firmata da Ferdinando Russo su IL MATTINO del 27 novembre 1901, che ragiona sul sensazionalismo e bacchetta, con irriverente ironia, i facili entusiasmi, chiosando da grande uomo di spirito qual era.
Insomma un lavoro, quello di Carlo Avvisati, che condensa in breve oltre un secolo di ipotesi, discussioni e aneddoti che danno sapore alla storia di Pompei e ingolosiscono il lettore accorto, che vaglia le informazioni e apprezza un piccolo gioiello di cronaca archeologica.