Giovedì 20 febbraio 2020, al Teatro Elicantropo di Napoli in scena Scannasurice di Enzo Moscato. Ritorna in scena a Napoli la poesia teatrale di Moscato, i deliri e i furori del suo protagonista, rinchiuso nel suo scannatoio a dialogare con gli ultimi esseri ‘viventi’
Ampiamente applaudito da pubblico e critica nei teatri delle più importanti città italiane ed europee, vincitore di ben cinque premi, ritorna al Teatro Elicantropo di Napoli, giovedì 20 febbraio 2020 alle ore 21.00 (repliche dal giovedì alla domenica fino all’8 marzo), lo spettacolo Scannasurice di Enzo Moscato, che, dopo la tappa partenopea, sarà in scena al Teatro Vascello di Roma (10˃15 marzo) e al Teatro Ca’ Foscari di Venezia (17 marzo).
A circa quarant’anni dal debutto nel 1982, il regista Carlo Cerciello ha (ri)portato in scena la potente lungimiranza e la feroce attualità dello straordinario testo del drammaturgo partenopeo, in cui protagonista assoluta, “reclusa” nella scena creata da Roberto Crea, è Imma Villa, avvolta dal suono di Hubert Westkemper, il disegno luci di Cesare Accetta e le musiche originali di Paolo Coletta, con i costumi di Daniela Ciancio.
Presentato da ElleDiEffe e Teatro Elicantropo, Scannasurice è una sorta di discesa agli “inferi”, post terremoto, di un personaggio dall’identità androgina nell’ipogeo napoletano, dove abita, all’interno di una stamberga, tra gli elementi più arcani della napoletanità, in compagnia dei topi, metafora dei napoletani stessi e dei fantasmi delle leggende metropolitane partenopee, dalla Bella ‘mbriana al Munaciello, tra spazzatura e oggetti simbolo della sua condizione, alla ricerca di un’identità smarrita dentro le macerie della storia e della sua quotidianità terremotata.
“Ho scelto – così Carlo Cerciello in una nota – un testo in lingua napoletana di un autore antioleografico per eccellenza come Moscato, mettendo in scena il suo Scannasurice, scritto dopo il terremoto del 1980, nell’intento di allontanarmi dalla malsana oleografia di ritorno, che, nuovamente, appesta Napoli di retorica e luoghi comuni, in una città che ha smarrito la memoria stessa della sua vita culturale, seppellita dalla banalità e dal conformismo”.
Il personaggio fa la vita, “batte”. E’, originariamente, un “femminiello” dei Quartieri Spagnoli di Napoli, ma i femminielli di Enzo Moscato sono creature senza identità, quasi mitologiche. Oltre l’identità sessuale, sono quasi magiche.
Da qui nasce la scelta di farlo interpretare a un’attrice, naturalmente, oltre l’identità sessuale, rendendone evidenti l’ambiguità e l’eccesso. Una volta smontata la sua appariscente identità, indosserà la solitudine e la fatiscenza stessa del tugurio in cui vive. Sarà cieca Cassandra, angelo scacciato dal Paradiso, sarà maga, sarà icona grottesca e disperata, ma sempre poetica. Nel finale, infine, si ucciderà.
“Il terremoto etico, sociale, politico della seconda metà del 900 – aggiunge Cerciello – mi vede, oggi, sopravvissuto, confuso e smarrito, aggirarmi tra le macerie di ideologie, emozioni e sentimenti, proprio come, da napoletano, vissi il terremoto dell’80”.