lo stato dell’arte: Mostra dell’artista Francesco Paolo de Siena. Vernissage 25 NGennaio 2019, ore 17:00 al Palazzo delle Arti Napoli, Via dei Mille, 60, 80121, Napoli
Venerdì 25 gennaio, alle ore 17, il Foyer del Pan ospiterà l’inaugurazione della mostra “lo stato dell’arte” di Francesco Paolo de Siena, che resterà in esposizione fino a domenica 3 febbraio.
L’incendio dello Science Center del 4 marzo 2013 ha segnato un momento emblematico nella comunità cittadina, non soltanto di quella napoletana, ma di un intero territorio sempre più segnato dal fuoco. Ciascun rogo è espressione di un sacrificio; ne riporta l’immagine. Non produce testimonianze ma crea testimoni, testimoni di un sapere che resta tuttavia celato, nascosto. Sacrificato.
È da questa riflessione che muove lo stato dell’arte, un ciclo di opere pittoriche di Francesco Paolo de Siena esposte per la prima volta negli spazi del PAN, con il patrocinio dell’Assessorato alla Cultura e al Turismo del Comune di Napoli.
Una veste istituzionale che l’artista ha voluto fermamente per presentare un lavoro che, partendo dal rogo dello Science Center di Bagnoli, attraversa le riflessioni di chi si ritrova a operare su un territorio, quello napoletano, mai come oggi vincolante – e dunque stimolante – per gli artisti chiamati a compiere precise scelte metodologiche nel fare arte. Una scelta che contribuisce a chiarire le ragioni del proprio operare individuando quello che è, appunto, lo stato dell’arte.
Seguendo le tracce di quanto accaduto a Bagnoli, de Siena avvia la propria istruttoria che lo mette ben presto sulle tracce di un’altra sciagura del passato: quella del dirigibile Italia. Nella postfazione in catalogo Giuseppe Ferraro “immagin[a] la scena, la Città della Scienza, quel fuoco che avvolgeva le sue travi e l’apparire di quella struttura nuda di chiesa che si mostrò tra le fiamme. Prima una, poi due e poi un’altra ancora accanto. Poi d’improvviso quelle travi si rovesciano, non c’è più il fuoco, sembra che diventino l’impalcatura dello scalo al varo di una nave, ma è un dirigibile che comincia la sua navigazione. La sequenza dei quadri dell’esposizione ci porta a vederlo allontanarsi in alto sulla fabbrica fumante della città.” Una partenza senza meta, fortemente simbolica: al momento dell’incendio nel museo di Bagnoli erano presenti alcuni reperti delle spedizioni polari compiute da Umberto Nobile a bordo dei suoi dirigibili, prestati per l’occasione dal Museo Nobile di Lauro e andati perduti nel rogo dello Science Center.
Da questa storia del quotidiano de Siena attinge gli elementi simbolici per affrescare un racconto per immagini dove il rapporto di identità (quella territoriale della Terra dei Fuochi, ma innanzitutto quella artistica e della pittura in particolare) si decanta in una narrazione che mostra la relazione tra Arte e Verità. L’opera è in fondo proprio questo: non l’elemento probante di legittimazione dell’esperienza artistica dove all’artista viene attribuita una qualche forma di funzionalità, di utilità sociale, ma il corpo del reato stesso.
“Quando penso all’uso che de Siena fa delle lamette come unghie delle proprie dita scolpendo i colori della tela, credo che nella tecnica del ‘grattage’ voglia tenere insieme scrivere e dipingere, velatura e scrittura per farsi scultore di tele, di Gestell, come se ogni gesto della mano fosse imposto, chiesto, deposto, dentro ciò che si vede e si scrive perché s’incunei la verità più ancora che rivelarla e svelarla a questo modo” (G. Ferraro, cit.).
Il rogo di Città della Scienza diviene dunque l’archetipo dal quale muovere per una riflessione sulla condizione dell’opera d’arte nel suo processo di creazione, nell’innalzamento dell’ideale narcisistico dell’artista sino alla ricaduta per catabasi, come estromissione dalle finalità dell’opera stessa. Ma è proprio nel momento in cui l’opera si realizza che l’artista cessa di essere artefice di un pensiero forte (o del fondamento – Grund) e subisce un depotenziamento: un “passo indietro” (ein Schritt zurück) che de Siena riprende dalle pagine heideggeriane, ricollegandole allo stato in cui l’artista, così come l’osservatore, sempre si dis-pone dinanzi al quadro. Un passo indietro che consente, adesso, di guardare con benevolenza i propri demoni volanti.