A poco più di un mese, il giovane poeta napoletano Gabriele Pinto, ci parla di Notre-Dame e del dolore del 15 aprile.

Le cose si riempiono del
Ricordo dell’uomo che fu
Fugge il tempo,
rintanandosi nei gesti umani,
incollandosi agli scatti
scarti di vita s’intrecciano,
le cose così scoprono di vivere:
giorni anni millenni
convergono nella solidità della roccia.
Ma tutto
Tutto tutto tutto
Sarà polvere,
sarà cenere.
Lesta si tempera l’aria,
e arde il fuoco che la Storia non arresta:
un’esitazione tutto vibra si
contorce tremula
un canto affranto s’inchina
prega spera spreca lacrime:
un inno alla gloria passata.
E noi,
che viviamo sicuri nelle nostre tiepide case
siamo convinti che tutto sia sempiterno
un pezzo d’inferno sale in superficie
e la nostra certezza di cera si scioglie
scoprendo la vera essenza
della nostra epoca: la fragilità.
Quanto è caduca la vita?
Basta così poco per cancellarne le tracce?
Brilla la cattedrale.
Brucia la Dama, che,
stanotte,
c’est Notre pour tout


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