Il 14 novembre, si terrà la conferenza stampa odi presentazione di Wolves Coming di Liu Ruowang al Maschio Angioino di Napoli. In mostra fino al 31 marzo 2020
Il movimento, la mutevolezza, l’instabilità, l’indefinibile, l’arbitrarietà, l’effimero, la globalizzazione, sono da sempre tutti stimoli dai quali, Liu Ruowang, uno dei maggior artisti contemporanei della Cina, trae energie per la propria ricerca iconologica. L’installazione concettuale, intitolata “Wolves Coming” che sarà inaugurata a Piazza Municipio il 14 novembre 2019 alle ore 11,30 si inserisce al centro del tessuto urbano e della vita culturale della città per incutere al pubblico un dubbio esistenziale, tema centrale di tutto il suo lavoro: sono i lupi a voler attaccare Napoli? Cento grandi sculture che rappresentano lupi, realizzati in ferro, lunghi 250 cm. x 90 x 100, del peso di circa 280 kg. ciascuno, e che simboleggiano i pericoli imminenti e la lotta per fronteggiarli, rivolti verso un imponente guerriero, in un luogo emblematico della città.
Organizzata dalla Lorenzelli Arte con la collaborazione di Milot e promossa dall’Assessorato alla Cultura e al Turismo del Comune di Napoli, la mostra, visitabile fino al 31 marzo 2020, intende far riflettere su derive antropologiche, trasposizioni geopolitiche dei fenomeni culturali, post-colonialismo, fallimento del modernismo, globalizzazione, perdita dell’individualità. Ecco perché Liu Rouwang, affronta con impegno e dedizione gli aspetti di un medesimo incontro con se stesso, per recuperare un’identità storica come una via di meditazione che esige un’affermazione di vita. Paure e disagi sono espressi da Ruowang attraverso un’elegante allegoria composta dai lupi, che in branco minacciano lo status quo del vivere comune. Una narrazione evocativa amplificata, resa dalla coralità degli elementi che la compongono. La dimensione filosofica di Liu Ruowang è in definitiva una vera e propria denuncia dei rischi provocati dalla perdita dei valori umani mortificati dal sistema oppressivo della vita contemporanea, teatro di dolore e violenza, luoghi contaminati dalle prevaricanti mitologie di massa. Partendo dalla considerazione che la storia dell’uomo è anche la storia del suo rapporto con la natura, l’artista cinese, affonda la sua ricerca in profonde radici. Da un lato, nella cultura tradizionale cinese per il lessico e il pensiero, dall’altro in quella occidentale, attraverso richiami alla fluidità della nostra società globalizzata, con cui diamo luogo alla continua moltiplicazione d’identità all’interno di dimensioni sia reali che virtuali per tentare attraverso concezioni cognitive della dottrina neoplatonica di riportare armonia tra microcosmo e macrocosmo. In questa società bombardata e deformata da immagini virtuali, nella quale apparire e mostrarsi è ormai diventato l’impegno più comune, l’uomo è costretto all’incomunicabilità, di conseguenza anche gli artisti “cercano” una nuova identità per tentare di far riflettere sulla grande incertezza che viviamo oggi. La società liquida di Zygmunt Bauman di cui facciamo parte ed a cui si ispira Ruowang, si esplica in un soggettivismo portato all’estremo, in cui appare fondamentale ritrovare i punti di riferimento e al contempo accettare la molteplicità da cui è composta la realtà in cui viviamo in cui bene e male non sono uno diverso dall’altro, ma convivono in ogni essere ed in ogni situazione. Con la crisi del concetto di comunità emerge un individualismo sfrenato, dove nessuno è più compagno di strada ma antagonista di ciascuno, da cui guardarsi. Questo “soggettivismo” ha minato le basi della modernità, l’ha resa fragile, e mancando ogni punto di riferimento, tutto si dissolve in una sorta di liquidità.
L’installazione è già stata esposta due volte in Italia, ma mai in una visione olistica come era stata concepita, nel 2015 alla Biennale di Venezia ospitata nel Padiglione di San Marino dove il branco di lupi attaccava una riproduzione della Pietà Michelangiolesca mettendo in scena una denuncia chiara contro l’indifferenza verso le arti e la cultura, mentre la seconda volta sempre nello stesso anno presso l’Università di Torino quando i lupi attaccavano una catasta di libri donati dagli studenti sormontati dal volume “Critica della ragion Pura ” di Immanuel Kant.