Il 17 gennaio a Macerata Campania torna l’appuntamento con “’a Festa e Sant’Antuono”: un connubio perfetto tra religiosità e folklore

Quello di Sant’Antonio Abate è un culto particolarmente sentito in tutta la Campania: dall’entroterra fino alle coste, tutta la Regione si illumina con “fucaroni” in onore del Santo protettore degli animali  e della comunità contadina, seguendo la tradizione del fuoco come purificatore di anime.'A festa e Sant'Antuono: tra religione e folklore

C’è un posto, però, dove “’a festa ‘e Sant’Antuono” si è imposta come uno degli eventi più importanti nel panorama delle feste popolari e religiose della Regione: si tratta di Macerata Campania, il paese della “Pastellessa”, ovvero la pasta con le castagne lesse, piatto tipico della festa.

La festa in onore di Sant’Antonio Abate è sicuramente la festività più sentita dal popolo maceratese e da tutte le comunità limitrofe e, come spesso accade, è il perfetto connubio tra religiosità e folklore popolare, tra sacro e profano, come accade nella maggior parte delle festività che affondano le loro origini in tempi ormai lontani.

I tradizionali riti della Festa di Sant’Antonio, infatti, risalgono al XIII secolo: quella di Macerata Campania era una comunità costituita da agricoltori e artigiani dove, proprio questi ultimi, realizzavano i numerosi e variegati attrezzi per il lavoro nei campi. Durante le fiere e i mercati, proprio per dimostrare la validità e solidità dei prodotti realizzati, nonché per attirare possibili compratori, c’era l’abitudine di percuotere le botti con magli, i tini con mazze e le falci con ferri: da un suono originariamente scoordinato e confusionario, con i dovuti miglioramenti ritmici, si è poi giunti a quella che è popolarmente riconosciuta come la musica della Pastellessa.

A riproporla ogni anno durante la sfilata delle “Battuglie di Pastellessa”, ovvero dei “Carri di Sant’Antuono”, sono i cosiddetti “Bottari di Macerata Campania”, la cui peculiarità è proprio quella di continuare a suonare, ancora oggi, utilizzando botti, tini e falci invece dei più canonici strumenti musicali.'A festa e Sant'Antuono: tra religione e folklore

Un’antica legenda popolare, invece, racconta come la Pastellessa abbia avuto un’origine completamente diversa: pare infatti che essa sia nata come un rituale per scacciare il male. Sembra che i contadini locali, per scacciare gli spiriti maligni dalle cantine buie o dagli angoli più nascosti degli scantinati, erano soliti percuotere freneticamente botti, tini e falci. Questo stesso rituale poi, ripetuto all’aperto, sarebbe stato propiziatorio per un buon raccolto.

Nata quindi come rituale pagano, la tradizione è poi confluita nella festa religiosa di Sant’Antonio, mantenendo nel tempo quattro momenti fondamentali:

  • il Cippo di Sant’Antonio: il fuoco come mezzo purificatore resta uno dei simboli più forti legati al culto del Santo e a Macerata Campania persiste la tradizione di accenderlo nella serata che precede il 17 gennaio, in modo da farlo ardere per una notte intera per poi consumarsi alle prima luci dell’alba; 'A festa e Sant'Antuono: tra religione e folklore
  • la sfilata delle Battuglie di Pastellessa: il momento più importante del folklore maceratese. Carri allegorici lunghi circa 16m vengono allestiti per dare alloggio proprio alle Battuglie: gruppi di numerosi percussionisti, appunto i Bottari, coordinati dalla figura più importante del carro, il Capobattuglia, ripropongono ritmi ormai divenuti noti anche fuori dal territorio maceratese o limitrofo. Durante la mattina del 17 gennaio, ultimo giorno di festa, tutti i carri si dispongono lungo il Corso del paese e da qui, uno alla volta, partono per esibirsi davanti al Comitato dei festeggiamenti e alle varie autorità nella piazza centrale. Questo il momento più importante della festa, dove ritmi diversi a scandire momenti processionali altrettanto diversi: il ritmo “a Pastellessa”, il ritmo “a muorte”, il ritmo “a tarantella”. Le voci del popolo, la frenesia di chi assiste, il suono assordante di strumenti rurali rendono questa esperienza davvero coinvolgente;
  • i fuochi pirotecnici figurati: a mezzogiorno del 17, nella piazza centrale, 4 fantocci vengono dati alle fiamme. L’iconografia è molto precisa e ogni fantoccio ha un significato specifico: “’a signora ‘e fuoco” rappresenta il demonio negli episodi delle tentazioni nella vita del Santo; “’o puorco” che rappresenta il demonio sconfitto dal Santo e condannato da Dio a seguirlo; “’o ciuccio”, che probabilmente rappresenta un’ennesima immagine sotto la quale il demonio si è presentato al Santo per tentarlo; “’a scala”, iconografia prettamente maceratese di cui, tuttavia, non si ha spiegazione;
  • la riffa: è il momento di chiusura della festa. Consiste nella vendita all’asta, vendita gestita dal riffatore, di tutti i beni raccolti durante la processione del Santo o offerti in precedenza, i cui proventi serviranno a finanziare parte delle spese sostenute per l’organizzazione della festa.

Una festa sentita, attesa, partecipata, una festa che si può capire davvero solo se vissuta in prima persona. C’è una canzone degli inizi del Novecento, “Per la Festa di Sant’Antuono”, che forse può aiutare a capire quanto essa sia, da sempre, radicata nel popolo maceratese e che, oggi, è un’autentica testimonianza del passato:

Vedite che ve caccia Macerata
pe chistu Santo vanno ascì a mpazzì.
Se scassano i strumienti int’a sunata,
ma chistu vizio nun se po perdì.
Ce sta Pascal a Vorp ca pur’iss fa furore
e quas tutt ll’ann semp a vott adda scassà.
A festa e Sant’Antuono è n’alleria
‘e suon e sti guagliun a pazzià.
Dicen tutt’a gent e sti paise
“Jammo a verè a festa e n’anno fa”.
Sunammo caccavelle, sciscarelle,
scetavaiasse e bughetibbù,
‘e fest comm a chesta
nun se ne fanno cchiù.
Vedite che ammuina ngopp a chiesa,
se spar o ffuoco che è na rarità.
Chill ca port o ciuccio corr e spara
‘e a gent allucca e corre pe scappà.
Ce sta Pastellessa ca pur isso se ra a fa,
o carr ammartenat della banda a cummannà.
Verit Pastellessa che v’ha saput fa.
Sunammo caccavelle, siscarelle,
scetavaiasse e bughetibbù,
na festa comm’a chesta
nuie nunn’a verimme cchiù.

 

Fonti:

www.santantuono.it

www.omniamaceratacampania.it

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