Catacombe di San Gennaro: da rivedere la convenzione del 2009: «Se il Vaticano chiede il 50% degli introiti, La Paranza muore».

Negli ultimi mesi, buona parte dei media nazionali ha dato voce alla questione che ha interessato l’associazione napoletana La Paranza, con sede nel Rione Sanità di Napoli.
In uno dei quartieri più difficili della città, un gruppo di giovani volenterosi e di ex detenuti, gestisce da oltre dieci anni le Catacombe di San Gennaro. Questo sito archeologico di epoca paleocristiana è diventato un vero e proprio must per le migliaia di turisti, che ogni giorno affluiscono nel capoluogo campano. I problemi sono però nati quando il Vaticano, accortosi di questa interessante fonte di guadagno, ha deciso di chiedere all’associazione il 50% degli incassi (circa 300.000 sul guadagno totale annuo), sulla base di una convenzione firmata nel 2009 tra la Curia di Napoli e La Paranza.

Va però detto che la convenzione aveva natura puramente sperimentale e nessuno avrebbe potuto prevedere gli ingenti costi di gestione superiori ai ricavi, che necessitano di contributi esterni, per la quadratura del bilancio. A fronte dei 2,8 milioni di ricavi, sono stati registrati costi per circa 3,6 milioni, dei quali 1,7 milioni di salari e collaborazioni esterne, 700 mila di manutenzioni ordinarie e straordinarie, 250 mila di spese di marketing e formazione, 300 mila di utenze e circa 700 mila di spese generali e tasse; pertanto, in assenza di donazioni esterne, il bilancio di questi dieci anni di gestione sarebbe stato del tutto deficitario. Chiedere il 50% degli introiti significherebbe determinare la fine di questa straordinaria esperienza di riqualificazione socio-territoriale, con una drastica ed irreversibile caduta economica. Sarebbe auspicabile trovare un nuovo accordo, che, partendo da una differente ripartizione degli incassi, possa creare un modello applicabili anche ad altri siti cittadini.

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