Dopo quattro anni dal suo ultimo lavoro, K-Conjog ritorna con “Magic Spooky Ears”: un viaggio sinestetico che pervade e rapisce la mente.

Non esiste un unico modo per ascoltare un disco. Ogni album, infatti, necessita di un approccio all’ascolto ben preciso per poterselo godere al meglio. Ci sono quelli da ascoltare mentre si fa attività fisica, quelli da ascoltare stando in riva al mare o durante lunghe e rilassanti passeggiate o ancora, quelli da ascoltare in macchina con gli amici di sempre. E poi ci sono quegli album che, invece, hanno bisogno del silenzio, del buio, del nulla. Quelli che si insinuano nelle pieghe profonde di queste assenze e che, gradatamente, investono i sensi di chi li ascolta. Li smembrano, li rimodellano, se ne impossessano, e l’ascoltatore non può far altro che abbandonarsi a tutto ciò. E uno di questi album è senza dubbio “Magic Spooky Ears” di K-Conjog.

Dopo quattro anni dal suo ultimo lavoro, Fabrizio Somma torna con una veste diversa rispetto a quella indossata in precedenza: aggressiva, penetrante, ipnotica. Meno poetica o melodiosa forse, ma allo stesso modo stupefacente.
Ora non vi resta che spegnere la luce, sedervi su una sedia o sdraiarvi su un divano, indossare le cuffie e lasciarvi travolgere dai suoni. Abbandonatevi.

Già dalle prime note di What Begin Began, la prima traccia del disco, si comincia a entrare in una dimensione diversa dal reale. Le varie linee melodiche, intrecciate tra loro, si incuneano nelle orecchie dell’ascoltatore, le immergono in questo crogiolo di suoni isolandole dal mondo. Se ne impadroniscono, le ipnotizzano e in Kingpink le sgretolano con ritmi dissestati e sonorità stridenti. Poi, inaspettata, in Same Old Grace giunge la voce calda e magnetica del nostro K-Conjog, di cui, dopo averla ascoltata, non si riesce a fare a meno. Dilata i sensi, pervade la mente. Così come le note vorticose e frenetiche di Millennials Otters,

Con Love Walks on Unexpected Ways si intrasente un cambio di scena. Le melodie vibranti e penetranti delle prime tracce si fondono con melodie più distese e poetiche, che rimandano un po’ ai lavori precedenti del nostro musicista. Un’ampiezza sonora che avvolge i sensi e il corpo dell’ascoltatore da Replica, sesta traccia, fino alla fine. In Old Enough To Look Young lo fa attraverso controsoggetti melodici interessanti, che danno corposità all’intero tessuto armonico. Invece, in Monotone, con la voce di Fabrizio, guida di questo viaggio sinestetico. In Cheeks, con la delicatezza del pianoforte. Infine, in Falcon, da quei suoni costanti e via via sempre più intensi che restano di sottofondo e che quasi fungono da campane, come per risvegliare l’ascoltatore da un sogno. Come per riportarlo alla realtà.

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