Andrà in scena al teatro Sannazzaro di Napoli mercoledì 16 marzo, alle 17,30 e alle 20,30, la prima assoluta di “Lo Malato immagginario”: un divertissement che unisce musica barocca e teatro di ricerca.

Andrà in scena al teatro Sannazzaro di Napoli mercoledì 16 marzo, alle 17,30 e alle 20,30, la prima assoluta di “Lo Malato immagginario”, una co-produzione tra la storica compagnia napoletana di teatro di ricerca Chille de la balanza e la Fondazione Ensemble Barocco F. M. Napolitano.

Ci si può interrogare sul ruolo del teatro oggi, in questo fragile frangente storico e sociale. Ci si può chiedere se abbia ancora un senso varcare la soglia di quel mondo che Artaud ha definito “effimero ma vero, quel mondo tangente al reale”. Forse, una risposta, la si può trovare solo ricominciando a frequentare questi ambienti magici, immergendosi tra onde di velluto rosso e luci calde che scompaiono dolcemente per lasciare spazio a quello che è molto più di uno spettacolo: un evento che non ci lascerà uguali, integri, intatti, ma che solleverà zefiri leggeri o venti burrascosi dentro di noi, suscitando domande, infiammando riflessioni o “semplicemente”, cosa non affatto semplice di questi tempi, donandoci qualche attimo di puro divertissement, come in questo caso.

Ecco, la sfida che ci viene offerta, con “Lo malato immagginario” è questa: provare, per qualche istante ad affidarci all’incanto dell’arte, per riuscire a sorridere anche in tempi così foschi, come se fossimo immersi in un dramma in cui però intervengono degli intermezzi buffi a stemperare i toni cupi e a donare conforto all’animo. Infatti era proprio questa la funzione che assolvevano gli intermezzi musicali, inseriti tra un atto e l’altro delle opere serie.

Lo spettacolo è una rielaborazione, una re-invenzione a cura di Sissi Abbondanza e Claudio Ascoli, regista, di un triplo intermezzo buffo di Leonardo Vinci, che nel Settecento fu uno dei più eminenti rappresentanti dell’Opera napoletana, compositore di diverse opere serie e buffe in dialetto. La ricostruzione delle partiture e le revisioni critiche sono a cura di Dario Ascoli, musicista e critico musicale, che dirige l’orchestra barocca F. M. Napolitano in una formazione che riprende quella in uso nel ‘700 negli intermezzi: primo violino (Giuseppe Guida), viola (Emma Amarili Ascoli), violini (Antonella de Chiara, Marilena de Martino, Marco Rozza), violoncello (Chiara Mallozzi), contrabbasso (Cristiano Pennone), clavicembalo (Angela Pico), tiorba (Gennaro Caruso), tromba (Alessio Iovino), timpani (Laura Mastrominico). L’opera vede inoltre la partecipazione dei cantanti del “Laboratorio Settecento” di Oltrecultura, a cura dei maestri Laura Cherici e Filippo Morace: Gaetano Amore, Andrea Ariano, Christian D’Aquino, Camilla Carol Farias, Valeria Feola, Tiziana Lobosco, Nicola Cosimo Napoli, Rosita Rendina e Andrea Russo.

“L’ammalato immaginario”, per poter diventare “Lo malato immagginario”, ha compiuto un arzigogolato percorso, che si snoda tra più tappe e si articola lungo i secoli, partendo da Parigi, passando per Firenze, fino a Napoli, dove, nel 1726 il triplo intermezzo del Vinci, fu eseguito per la prima volta al Teatro San Bartolomeo, tra i quattro atti dell’opera seria Ernelinda. Rappresentava una trasposizione nel linguaggio musicale e operistico della comèdie-ballet di Molière “Le malade immaginaire” che conteneva anch’essa degli intermezzi, già trasposta in musica a Parigi da Charpentier nel 1673. Prima di giungere a Napoli, l’opera fu messa in scena a Firenze con il titolo di “Erighetta e Don Chilone”. Questo itinerario che comprende Firenze e Napoli, ricalca all’inverso, per una felice coincidenza, quello che è stato il percorso dei Chille de la balanza, compagnia di teatro di ricerca fondata da Claudio Ascoli a Napoli negli anni ’70, che dal 1997 ha posto la sua “casa” a San Salvi (Firenze), in un ex manicomio, restituendo così alla comunità un luogo destinato all’oblio e all’abbandono e trasformandolo invece in un luogo vivo, un centro culturale pulsante per l’intero quartiere. La storia dei Chille de la Balanza si lega indissolubilmente a queste due città: Napoli, terra d’origine, profondamente amata nelle sue contraddizioni, e San Salvi, in particolare l’area dell’ex-ospedale psichiatrico V. Chiarugi, micro-città all’interno di Firenze, pensata in origine per essere un luogo di esclusione sociale ed emarginazione, quella che il sociologo Goffman ha definito un’istituzione totale, in cui venivano internati i diversi, considerati matti. Qui, Claudio Ascoli e Sissi Abbondanza, con la loro compagnia, guidati dall’ardore che solo i sogni condivisi e collettivi sanno donare, hanno avuto il coraggio di rompere gli argini, scavalcare confini, superare barriere istituzionali e burocratiche, per dare vita al loro progetto di teatro inteso come impegno sociale.

Il processo creativo che contraddistingue i lavori dei Chille de la balanza, fondato su questa stessa capacità di trascendere e oltrepassare i confini tra le diverse forme artistiche, caratterizza anche “Lo malato immagginario”, che andrà in scena il 16 marzo al Sannazzaro.  Gli spettatori, anzi gli spet-attori, come amano definirli i Chille, potranno assistere ad uno spettacolo in cui dialogano e si intrecciano diversi strumenti e forme artistiche: musica barocca, video, luci, suoni, movimenti, gesti, oggetti scenici tra i più disparati che gli artisti raccolgono alla rinfusa… Tutto contribuisce a creare un’opera innovativa che, da un lato vuole omaggiare Molière nel quattrocentesimo dalla sua nascita, riagganciandosi alla tradizione musicale dell’Opera buffa napoletana, dall’altro introduce delle brillanti innovazioni, che contribuiscono a costruire una policromia in cui si ritrovano, da un lato, linguaggi e tecniche moderne come il video (a cura di Cristina Giaquinta) e dall’altro linguaggi e personaggi della tradizione, come Pulcinella, a cui è affidato il compito di accompagnare gli spettatori tra le partiture di Charpentier, Vinci e Scarlatti. La trama, ripresa dall’opera di Molière, vede come protagonisti principali un vecchio ipocondriaco, don Chilone, appunto il malato immaginario, e una giovane e spregiudicata donna, Erighetta, che, grazie al suo fascino ammaliante, riesce a convincerlo, travestendosi da medico, che l’unico modo per guarire dalle sue ipocondrie sia il matrimonio. Successivamente, all’inizio del terzo intermezzo, Erighetta e don Chilone malediranno la ricetta (il matrimonio) proposta dal medico: questo duetto rappresenta una delle integrazioni operate da Dario Ascoli nel lavoro di ricostruzione delle partiture che presentavano diverse lacune.

Questa storia, che ha attraversato i secoli senza mai smettere di essere prolifica, è stata rielaborata trasformandola in un pastiche musicale, ricomposto nelle prime settimane del tempo pandemico, quando immagini funeste invadevano lo spazio pubblico e l’unico modo per esorcizzare il terrore era ricorrere al potere immaginifico della creazione artistica.  

L’originalità de “Lo malato immagginario”, ciò che lo rende unico e dona quel quid in più come quella g raddoppiata nell’aggettivo immaginario, risiede anche nell’escamotage metateatrale che dà avvio all’azione scenica: un maldestro tentativo di mettere in scena “Le malade imaginaire” da parte di un anziano regista che si ritrova a fare i conti con un gruppo di aspiranti attori che in realtà si rivelano essere cantanti… Il tentativo fallisce, o meglio, si trasforma in qualcosa di diverso… Per scoprirlo l’appuntamento è al teatro Sannazzaro, in via Chiaia 157, mercoledì 16 marzo.

 

Dove: Teatro Sannazzaro, Napoli, via Chiaia 157.

Quando: Mercoledì 16 marzo. Ore 17,30 e 20,30

Libretto dell’opera: libretto.pdf (oltrecultura.it)

 

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