L’oro di Napoli è un film ad episodi del 1954 di Vittorio De Sica.Tra gli attori protagonisti, spiccano Sophia Loren,Totò ed Eduardo De Filippo.
L’oro di Napoli è figlio del brillante connubio Roma – Napoli. E’ una pellicola del 1954, a sei episodi, di Vittorio De Sica. L’oro di Napoli presenta volti partenopei di grande clamore: Sophia Loren, Totò, Eduardo De Filippo. Lo stesso Vittorio De Sica (che tra l’altro aveva la madre napoletana) ha recitato in uno dei sei episodi.
L’oro di Napoli: dopoguerra partenopeo
I sei episodi (tutti diretti da De Sica) mostrano l’allora miseria napoletana, frutto del secondo dopoguerra. Alcuni episodi sono diventati iconici. Nel primo, Il guappo, si assiste alla pietosa storia di sopraffazione del guappo del quartiere: Don Saverio, il Pazzariello (interpretato da Totò) è vittima di una prepotenza da parte di Don Carmine, che dopo la morte della moglie ha deciso di vivere da parassita a casa di Don Saverio. Il Pazzariello, approfittando della cagionevole situazione di salute di Don Carmine, in un impeto di orgoglio e di dignità, caccia il guappo da casa propria. Finalmente, Saverio, sua moglie e i suoi figli possono tornare a vivere serenamente.
Pizze a credito è l’altrettanto famoso episodio del film. Sophia Loren è qui l’avvenente e formosa pizzaiola, sposata con un uomo decisamente più brutto di lei. La donna lo tradisce, perde l’anello, che nel frattempo è nelle mani del suo amante. Con una mossa furba ed inaspettata, Sophia riprende il suo anello, l’intero quartiere sa della sua infedeltà, il marito sembra ignaro di tutto ciò.
In un episodio, è Vittorio De Sica il protagonista: il Conte è un uomo dedito al gioco d’azzardo, che trascorre il suo tempo giocando a scopa con un bambino, perdendoci costantemente.
Il funeralino è sicuramente l’episodio più drammatico di tutto il film. Una donna ha perso suo figlio, piccolo, e un corteo funebre si sposta per la città: giungerà sul lungomare, verranno gettati confetti in segno di commemorazione. Confetti raccolti da terra, poi, dagli scugnizzi della città. L’episodio, ritenuto troppo triste, fu inizialmente rimosso dal film, per poi esser aggiunto.
Teresa (Silvana Magnano) è una prostituta romana dal buon cuore e dalla vita difficile. Un giorno, si sposerà con un uomo bello e ricco. Teresa sarà accolta da tante feste, ma è tutto un inganno: l’uomo l’ha sposata solo perché in passato una ragazza si suicidò, in quanto rifiutata da lui. Vuole così, il bel novello sposo, riparare la sua immagine. Teresa inizialmente è indignata, ma poi ritorna da lui: sa che solo con questo matrimonio di convenienza la sua vita acquisirà un po’ di stabilità.
L’ultimo episodio è uno dei migliori rappresentanti della napoletanità. Vi è un “professore”, Don Ersilio Miccio (Eduardo De Filippo), che dispensa consigli dall’alto del suo “vascio”. Un giorno, alcuni uomini gli chiedono cosa fare con un nobiluccio presuntuoso. Il consiglio è pratico ed efficace: praticare un pernacchio. Il pernacchio, però, non è solo del cervello ma anche del cuore, “è napoletano e quindi di tutto il mondo”.
La pellicola di De Sica, com’è chiaro, alterna momenti di commedia napoletana ad altri di forte drammaticità. Il primo episodio, il Guappo, inizia con Don Saverio che va al cimitero per porgere i saluti alla lapide della moglie del guappo e, non conoscendo alcuna formula latina, improvvisa una preghiera. Non mancano, naturalmente, elementi della cultura napoletana, come il Pazzariello (di nuovo, nell’episodio Il guappo). Il pazzariello era una figura della Napoli dal Settecento a metà Novecento, un uomo con costumi vistosi, a volte accompagnato da un’orchestrina, che era “matto”, buffo, faceva divertire i passanti. Il napoletano medio della pellicola è quello conosciuto ai più: allegro, gioviale, teatrale, furbo. Sophia e Rosario (suo marito) non esitano ad approfittare perfino del funerale di una signora del quartiere, chiedendo implicitamente al vedovo addolorato se avesse visto l’anello di Sophia. Il funeralino presenta, invece, una madre distrutta dal dolore e donne in nero, in una lunga e giustamente lugubre processione. Il conte è, probabilmente, uno degli episodi più autobiografici: De Sica era notoriamente appassionato di gioco d’azzardo. Teresa è l’episodio che non ha un legame esplicito con Napoli, perché la protagonista è romana, ma è comunque Napoli che fa da sfondo: si notino ad esempio la Galleria Umberto nella scena iniziale dell’episodio ed altri personaggi napoletani (come i musicisti della festa di matrimonio). L’ultimo episodio, il professore, chiude un film denso, emotivo, perfettamente e letteralmente contemporaneo agli anni del secondo dopoguerra: un pernacchio è ciò che ci resta, unpernacchio è un ottimo metodo contro gli stolti ed i prepotenti, un pernacchio è uno dei simboli della napoletanità.