L’orso ‘nnamurato: un libro di poesie, ma anche un CD. Nato dalla collaborazione tra Alessio Sollo e Gnut, è un lavoro pieno di passione che fa innamorare.

Passeggiando per le strade del centro, davanti a te grandi palazzi, negozi affollati, vie che traboccano di gente sempre di corsa, sempre stanca. E tu, immerso in questa frenesia, ti senti disorientato, perso. Ma poi all’improvviso intravedi un piccolo negozietto che sembra rifiutare le leggi del mondo attorno a lui: il tempo, lì, sembra rallentare, il peso della vita più leggero. Decidi di entrarci, anche solo per curiosità, e qui la meraviglia: un calore inaspettato e avvolgente, già da subito ti senti a casa.
Ecco, questo è quello che si prova ascoltando “L’orso ‘nnamurato” di Alessio Sollo e Gnut (Claudio Domestico).

Il disco è composto da 14 canzoni, che allo stesso tempo sono alcune delle poesie contenute nel libro omonimo: un viaggio tra amore, sarrismo e piccole storie di vita quotidiana che scalda il cuore.
Il modo migliore per goderselo? Leggere prima la poesia, ascoltare la canzone, poi interrompere il disco e continuare la lettura fino ad arrivare alla successiva poesia-canzone. Ah, è fondamentale tenerli fuori dalla portata dei bambini sopra il metro e novanta!

Già nella prima traccia, Tutta ‘a vita annanz’, si delineano le caratteristiche principali del disco: una sorprendente ricchezza armonica che accompagna parole delicate e appassionate. E proprio questo primo brano evoca l’atmosfera malinconica e a tratti sognante in cui è immerso l’amore raccontato dalle poesie di Sollo: un amore improvviso, dirompente, a cui ci si abbandona senza riserve. Ma la traccia che più di tutte riesce a rappresentare questo scenario è Girasole sotto ‘a luna. Qui la corposità del mandoloncello e la lira pontiaca struggente ci mostrano un amore che in realtà non è altro che solo un gioco, uno sghiribizzo, un girasole sotto la luna. Tra questi due brani troviamo Nu bicchiere ‘e vino, con cui invece si respirano una certa allegria e spensieratezza grazie all’andamento sincopato di rhodes e basso.

E all’apice di questa vivacità, ecco Inferno. Un amore travolgente che si insinua tra i suoni corposi di tromba e basso tuba: sembrano rincorrersi vorticosamente, avvinghiarsi, come stregati da un’improvvisa follia. Poi si ascende al Paraviso: una domenica di primavera in cui tutti fanno solo ciò che vogliono, un morso di terra in mezzo al mare. Ma questa serenità svanisce quando manca l’amore: cominci a guardare il mondo con Uocchie senza core, “cimiteri di stelle” attraverso cui nulla sembra più significare qualcosa. Un malessere che si protrae in Creaturo, in cui mandolino e archi danno voce ai tormenti e i rimpianti di amori perduti. Amori che però, nelle notti in cui Votta ‘o viento, non abbandonano i propri pensieri.

Improvviso colpo di scena. Con ‘O Ciarlatano si viene trascinati in un’atmosfera che ricorda le feste di paese, tra tammorra, mandolino e cori a squarciagola. Ed ecco un altro colpo di scena con A’ mossa – questi continui cambi evidenziano la grande bravura di Sollo e Gnut nell’immergersi perfettamente in situazioni anche opposte tra loro. Qui è il violino a farla da padrona e si destreggia con maestria tra i controsensi della vita. Invece in Robba mia è proprio la voce di Gnut la grande protagonista. Graffiante, profonda, seduce in un blues avvolgente che annebbia la vista e dà ascolto soltanto alla passione. Diversa è Vulesse vulasse: un dolce tappeto di chitarre, mandolini, archi e filicorni che scalda il cuore.

Una fisarmonica gentile introduce Me faje murì, un delicato pensiero d’amore che sembra non conoscere fine. Tutti gli sforzi per scacciarlo sono vani: la mente ormai ne è sovrastata. E così, anche la speranza di essere Ll’ultimo penziero della persona amata non riesce ad abbandonare la mente. Una speranza intonata su una coperta di archi e guitalele in cui immergersi e lasciarsi andare.

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