In occasione dell’uscita di Peregrini, ultima fatica editoriale, abbiamo intervistato il Professore Giovanni Cardone sull’importanza del Mezzogiorno nella sua esperienza umana e professionale
Abbiamo intervistato il Professor Cardone saggista, storico dell’arte e critico d’arte, docente di Storia dell’Arte Moderna e Contemporanea, Direttore Artistico del Dizionario Enciclopedico di Storia dell’Arte Moderna e Contemporanea ISPCN, Università Svizzera Italiana, ma soprattutto profondo amante e conoscitore sia della Campania che del Mezzogiorno. Gli abbiamo posto alcune domande.
Benvenuto Professore, siamo lieti nell’accoglierla nella casa di Terre di Campania, non posso che chiederle allora cosa abbia rappresentato e cosa rappresenti ancora oggi per lei questa terra, sia umanamente che professionalmente.
Innanzitutto grazie per l’invito, seguo da tempo le vostre iniziative e quindi sono lieto di essere qui a lasciarvi una testimonianza. Da storico e storico dell’arte non posso che amare e ammirare questa terra e quanto essa abbia da raccontare. L’incontro con la cultura popolare risale al 1991 quando avevo venti anni e iniziai a recitare la Cantata dei Pastori interpretando prima il cacciatore, poi il pescatore, in un altra rappresentazione Giuseppe e infine Razzullo, ma non nella Cantata dei Pastori, ma nella Cantata di Natale che si ispirava al Presepe di Cuciniello e Farina, da ammirare presso il Museo di San Martino a Napoli. In quel momento è nata la mia profonda passione per la tradizione. Negli anni ho partecipato a tantissime feste dove ho appreso dai cantori l’arte della Tammorra, i suoi simboli sacri e profani. In seguito ho iniziato ad approfondire gli studi imbattendomi nella figura di Roberto De Simone, facendo tesoro della sua Gatta Cenerentola. Poi, grazie a un amico, ho conosciuto la pizzica e la taranta, sono stato a Lecce, Melpignano, ed ho visitato tutto il Salento. Poi negli anni 2000 ho fatto tappa in Sicilia dove ho scoperto la figura di Giuseppe Pitrè primo etno-antropologo italiano, sono stato a Palermo patria della festa di Sant’Agata, poi a Siracusa, Trapani, Enna, Noto e tanti altri paesi che mi hanno permesso di comprendere le bellezze non solo artistiche ma principalmente etnografiche di questa sorprendente isola. Ho toccato con mano i mille volti del Mezzogiorno, una terra che nel tempo è stato arricchita da molteplici culture, araba, egizia, greca, romana, normanna, sveva, angioina, aragonese, spagnola, francese, austriaca etc
Il Mezzogiorno è stato meta del celebre fenomeno del Grand Tour. Cosa significa per lei l’esperienza del viaggio? Se volessimo partire alla scoperta di questa straordinaria regione, da dovremmo cominciare il nostro cammino?
L’esperienza del viaggio credo sia stata fondamentale. Credo che ogni percorso umano e accademico da me intrapreso sia stato segnato da un viaggio. Le avventure editoriali di questi anni ne sono un esempio lampante: si prenda il caso di Peregrini, ultimo mio lavoro, una curatela edita da Santelli, il titolo credo renda perfettamente il senso dell’intera opera e, perché no, del mio percorso biografico, un Cammino tra le storie, le culture e i luoghi più affascinanti (e non sempre conosciuti) dell’intero Mezzogiorno.
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Da storico e critico d’arte ho vestito i panni del peregrino più volte, per anni ho viaggiato alla scoperta dei luoghi più straordinari (non categoricamente i più celebri) e ricchi di storie e di uomini della nostra bella terra, del nostro amato Mezzogiorno. Ho voluto toccare con mano i protagonisti dei miei studi e delle mie ricerche, una missione e un destino che dovrebbero intraprendere tutti gli addetti ai lavori. In questo mio peregrinare, come dicevo, mi sono imbattuto non solo nella storia e nelle storie di uomini, ma anche nella loro quotidianità, nelle loro credenze, nei loro rituali, nelle loro convinzioni e fantasie, di cui, appunto, la stessa storia è pregna.
Il sud, quindi, il sud come anima pulsante dei suoi studi, dove può condurre questa terra meravigliosa? In che direzione vanno i suoi passi e quelli dei suoi Peregrini?
Mio desiderio era quello di dar vita a un’opera che fosse innanzitutto divulgativa, una sorta di enciclopedia, un volume che fornisse all’occorrenza gli input giusti per confrontarsi con alcune delle tematiche, a volte percepite in maniera inconsapevole, insite a ogni livello nel territorio. Sono fermamente convinto che la divulgazione (e la conoscenza di questa terra) passi anche attraverso la qualità, la validità delle fonti e i contenuti, credo che Peregrini sia emblema di tale politica culturale. Di Mezzogiorno si è scritto tanto, forse troppo, forse poco, a volte bene, a volte meno. Nel panorama editoriale italiano ho ritenuto che forse mancasse un lavoro di tipo “enciclopedico” intorno a discussioni di tanta rilevanza per la nostra terra. Un’epifania di illuministica e settecentesca memoria, ed ecco che riposti gli abiti da peregrino ho deciso di indossare quelli di philosophe, mettendo insieme i pezzi, riunendo le giuste voci in capitolo, il tutto per far luce su uno dei molteplici volti dell’anima del Mezzogiorno. Una sfida accettata da tanti miei colleghi e amici, un volume che riunisce voci autorevoli e, perché no, innamorate sia della propria professione che della loro terra d’origine. Il volume intende quindi rivolgersi a un pubblico ampio, non necessariamente o esclusivamente specialistico. Ovviamente un simile testo, dal taglio manualistico, predilige un pubblico accademico ed è perfetto come approfondimento per studenti e insegnanti. Al tempo stesso però è ideale anche a tutti i curiosi e appassionati della storia, convenzionale e non, del Mezzogiorno.
Spero Peregrini possa condurre, in un momento in cui viaggiare non è poi così facile, studenti, professori, curiosi, appassionati e chiunque ami leggere, in giro per questa terra meravigliosa, nell’attesa di poter tornare a toccare con mano quanto il Mezzogiorno ha da offrirci. La proposta è un Cammino letterario, un viaggio che vedrà Virgilio d’eccezione.
Ha scritto di recente Astrattismo e Futurismo Idee per un rinnovamento della ricerca artistica dell’esordio del ‘900, Valori Plastici e il Clima di Ritorno all’Ordine in collaborazione con Rosario Pinto, editi da Printart Edizioni Salerno. Da saggista ha scritto per Prospettiva Editrice Riti e Rituali a Napoli in Campania e nel sud Italia e curato, come appena detto, Peregrini. Cammino alla scoperta dei culti, riti e rituali del Mezzogiorno. Nelle sue opere ha spesso portato alla ribalta con puntualissimo rigore scientifico e con una fondamentale vena divulgativa culti, riti e rituali del Mezzogiorno. Sono da sempre temi che appassionano i nostri lettori: a Napoli il culto è un filo conduttore dalla sua fondazione sino ai giorni recenti. Cosa può dirci in merito.
Di questi tempi in cui viaggiamo poco e nell’attesa di poter tornare a toccare con mano quanto questa terra ha da offrirci, posso proporre di viaggiare attraverso e sull’onda della letteratura. Le pagine di un libro possono spalancare mondi straordinari anche sui culti, i riti e i rituali di questa terra. E allora. I culti e i riti potremmo immaginarli come memorie collettive essenziali quindi per definire l’identità di un popolo. A Napoli si parte, come hai ben accennato, sin dalla sua fondazione, basti pensare al mito di Partenope. Ma culti e devozioni scrivono pagine di storia ancora oggi. Un esempio. Il mito, la leggenda, il culto sono insiti, celati, ma sempre vivi nella vita sociale delle persone, molte volte tramandati di generazione in generazione, la sete di eroi, forse, non è mai stata placata, per noi napoletani eroe moderno è stato Diego Armando Maradona che ha difeso Napoli, calcisticamente parlando e no, da tutto e da tutti, difatti in tanti lo hanno paragonato a San Gennaro, altra “leggenda” cittadina. Coloro che lo hanno amato e lo amano tutt’oggi vorrebbero ricordarlo e nel tramandarlo alle future generazione, renderlo immortale, ed ecco allora che ne hanno fatto una edicola votiva, ecco quindi che si forgia il mito, il quale evolve insieme alla vita.
Da cosa e da dove passa il rilancio del Mezzogiorno?
Il Mezzogiorno d’Italia ha una sola cosa per potersi rilanciare, un qualcosa che dentro di sé racchiude un universo sconfinato, il Mezzogiorno stesso. Un crocevia di antico e moderno, di cristiano e pagano, di mito e agiografia, una distesa straordinaria di bellezze naturali e di incanti culturali. Il Mezzogiorno dovrebbe ripartire da mirate campagne culturali, strategie che riescano a valorizzare territorio ed economia, senza mai perdere di vista l’obiettivo principale, il rilancio di una parte d’Italia che meriterebbe, talvolta, più rispetto e considerazione da chi di dovere. Ovviamente la ripresa passa anche da chi questa terra la vive, ciascuno ovviamente a suo modo e con i suoi mezzi, Peregrini si pone in questa direzione.
Infine, le chiedo un libro, un film e un luogo che a parer suo possono sintetizzare al meglio lo spirito e l’identità del Mezzogiorno.
Come libro ho pensato di indicarvi un romanzo storico, Il resto di niente di Enzo Striano, nel quale si racconta della vita di una delle protagoniste della nostra storia Eleonora de Fonseca Pimentel, sullo sfondo di un avvenimento altrettanto decisivo per la nostra terra, la Repubblica napoletana del 1799. Lo scotto della drammatica fine di quell’esperienza e la tragica sorte riservata a tradimento al fior fiore del panorama intellettuale napoletano, forse, lo stiamo ancora pagando. Per quanto riguarda il libro proporrei un classico, datato 1985, scritto, diretto e interpretato da Luciano De Crescenzo: Il mistero di Bellavista. Credo che De Crescenzo abbia saputo cogliere meglio di chiunque altro i caratteri fondamentali di questa terra e dei suoi abitanti. Come luogo, direi, senza troppi preamboli, San Gregorio Armeno, una passeggiata tutta da vivere, tutta da ascoltare, il cuore di Napoli passa anche da lì.
Professore a noi non resta che ringraziarla per la disponibilità e le puntuali e profonde parole che ci ha concesso oggi, augurandoci di ritrovarci quanto prima lungo i sempreverdi sentieri e itinerari di questa bella terra. A presto.