Terre di Campania presenta una speciale serie di articoli dedicata ai borghi della Campania inseriti nel circuito dei Borghi più belli d’Italia. Dominati da antichi castelli, affacciati su splendide acque marine, impreziositi da paesaggi mozzafiato, custodi di antiche storie e tradizioni, essi rappresentano un patrimonio unico di bellezza e cultura per la nostra regione, offrendo la possibilità di vivere un itinerario indimenticabile tra luoghi che sapranno meravigliare e conquistare.
Montesarchio è il secondo comune più popoloso della Provincia Benevento dopo il capoluogo, ma Montesarchio non è Sannio, è Valle Caudina: un territorio a cavallo tra la provincia avellinese e quella beneventana, in cui i nuclei originari dei 14 paesi che la compongono sorsero tutti intorno a castelli sulle pendici dei monti che circondano la Valle, in modo da potersi difendere dalle incursioni Longobarde.
Montesarchio, secondo alcuni studiosi, si identifica con la sannitica “Caudium”, fortificata poi dai Romani a guardia della Via Appia che, nel 268 a.C., aveva raggiunto Benevento. Con i Longobardi, poi, spostò il suo centro dalla pianura alla collina, ed è proprio a questo periodo che risalgono il Castello e la Torre, anche se, all’epoca, la fortezza si limitava al corpo poligonale posteriore. Provenendo dalla valle sottostante sono proprio queste due strutture a catturare l’attenzione del viaggatore. Ampliate dai Normanni, con i Carafa, nel 1480, esse cambiarono notevolmente Francesco di Giorgio Martini, architetto senese, progetta, infatti, l’ampliamento di entrambe le costruzioni, conferendo loro l’aspetto che ancora oggi conservano in buon parte. Proprio nel Castello, che sovrasta tutta la cittadina, nel 2007 è stato inaugurato il “Museo Nazionale del Sannio Caudino”, dedicato alla storia della Valle Caudina e alle testimonianze archeologiche dei centri più importanti. Nelle celle del carcere borbonico del Castello è stata allestita la mostra “Rosso Immaginario. Il racconto dei vasi di Caudium”, un viaggio fatto di immagini dipinte alla scoperta di miti ed eroi. Nella Torre, invece, è esposto un piccolo grande gioiello: il “vaso di Assteas”, un cratere, ovvero un vaso usato durante il simposio per mescere il vino puro con acqua e spezie, su cui è rappresentato il mito del “ratto di Europa” e considerato uno dei più bei vasi-crateri grecizzanti del mondo antico, risalente al IV secolo a.C..
Già questo basterebbe a capire perché Montesarchio è tra i Borghi più belli d’Italia, eppure esso offre molto altro. Dal 1400 Montesarchio si impone come notevole realtà agricola e commerciale, punto di snodo delle tratte che da Napoli portavano verso la Puglia, ed è proprio in questo periodo che la città torna ad estendersi verso la valle. Lo sviluppo dell’attuale Piazza Umberto I e di tutte le strade adiacenti, risale al ‘600, quando iniziò a diffondersi anche una fervente attività artigianale concentrata particolarmente intorno alla lavorazione della creta e alla produzione di vasellame. Una di queste strade porta ancora oggi il nome di Via Cretazzo, proprio per il grande numero di artigiani della creta che la popolavano. Il Municipio ha oggi sede a Borgo San Francesco, nucleo cinquecentesco, e la Chiesa di San Francesco, sede degli uffici comunali, seppur non conserva più nulla delle sue origini medievali, è uno dei più bei esempi di architettura settecentesca di tutto il Sannio.
Da poco diventata Città del Vino, il territorio di Montesarchio è padre di due vitigni storici dell’enologia campana: alle pendici del Monte Taburno si coltivano, infatti, da sempre Coda di Volpe e Falanghina. I vigneti di Coda di Volpe vantano circa due secoli di vita, quelli di Falanghina sono invece tra i pochi ad essere sopravvissuti alla devastazione della fillossera che distrusse gran parte dei vigneti di tutta Europa ma che non attecchì su suoli vulcanici, al punto che negli anni Sessanta la coltivazione era limitata tra Montesarchio e Benevento. E un buon vino non può che accompagnare una buona cucina, di cui sicuramente la pasta fresca è uno dei prodotti di punta. Tra i piatti tipici meritano menzione i “cazzarielli”, gnocchi di patate conditi con carne di capra. Come ogni cucina contadina, ogni stagione ha i suoi prodotti e, di conseguenza, i suoi piatti. Nel periodo invernale la fanno da padrone le zuppe, di sedano o di cardone, mentre in estate un piatto diffuso e protagonista di una sagra ormai decennale nella frazione di Varoni, è la parmigiana alla sannita, anche detta “melanzana nel cassone”: una melanzana svuotata della polpa che con l’aggiunta di pane indurito e di particolari ingredienti rende l’insieme un piatto speciale. Un’altra pianta che sicuramente caratterizza tutto il territorio del Taburno, e quindi di Montesarchio, è sicuramente l’olivo. Si tratta di una coltivazione che ha mantenuto le caratteristiche tradizionali, con la presenza di ulivi anche ultrasecolari e diverse cultivar locali che consentono di ottenere un prodotto oleario dalle caratteristiche ben riconoscibili.