Pubblicato il 12 Maggio di quest’anno, O Luna è l’EP con cui i Grevisi, band esordiente dell’hinterland napoletano, dichiarano la propria identità musicale, la loro attitude sonora e attraverso cui, soprattutto, tracciano un segno preciso a far da punto di partenza del loro percorso.

Giovanissimi, tecnicamente preparati e artisticamente ispirati: il mix ottimale per un esordio “da una marcia in più”, al netto dei limiti propri agli esordi stessi.

Circa 25 minuti di Alternative Rock scanditi in sei brani, con guizzi Prog piuttosto persistenti ma sempre tendenti all’easy listening, al tocco Pop che fa contenti tutti, che se O Luna vuoi ascoltarlo in auto, concentrato e attento ai più piccoli dettagli (e l’album, in questo, sa restituire il giusto senso di soddisfazione) va benissimo, ma se capitasse di metterlo in riproduzione in una di quelle feste in casa fatte da liceali o teen in genere, andrebbe benissimo lo stesso. 

Questo perché il lavoro dei Grevisi non stona mai, e può davvero piacere a tutti – dal casual alla ricerca del pezzo d’amore che gli faccia da soundtrack della sua storia estiva, passando all’orecchio più attento, smaliziato e consapevole circa i diversi generi che i Grevisi toccano. Ciò accade in virtù delle sonorità fresche e giovanili dell’EP, messe in piedi con tecnica, senso di equilibrio tra le parti (a sottolineare l’evidente intesa tra i componenti del gruppo) e una più che discreta varietà nei motivi che caratterizzano i singoli brani.

Musicalmente, il lavoro non si limita ad essere soddisfacente, ma si rende chiaro disegno, pezzo dopo pezzo, delle singole personalità sonore dei cinque membri del gruppo. Sequenze ariose lasciano spazio a ritmiche incalzanti, senza tralasciare chitarre più grevi e attimi in cui la voce, potente e carismatica – cui pregio maggiore, oltre alla percepibile capacità di interpretazione dei diversi testi dell’EP, si dimostra quello di aprirsi a pieno fiato senza però mai andare oltre misura – quasi sospira, tranquilla.

O Luna, però, non è certamente un’opera dai soli pregi: i sopracitati “limiti propri agli esordi stessi”, in questo caso, vanno ricercati principalmente nel comparto lirico dell’EP, ancora fin troppo acerbo rispetto al lato prettamente strumentale, ben più complesso, strutturato e vivace. Sebbene presentino qualche immagine accattivante (come nel caso di Balla Da Lassù, per esempio), i testi non coinvolgono a pieno e, anzi, spesse volte finiscono per essere troppo didascalici, nonché a tratti ripetitivi in chiavi metaforiche (il gioco tra luci e tenebre) e temi (love songs di ogni tipo, ma pur sempre, principalmente, love songs).

Il tappeto musicale dei Grevisi, invece, come già abbondantemente detto, convince ben di più a patto, però, che si riconoscano anche in questo caso luci e ombre: i brani sono suonati ottimamente, il lavoro di produzione è buono (per essere un’opera realizzata in maniera indipendente), e la sensazione generale è che, nonostante si tratti di una band di giovanissimi agli esordi, non si stia comunque ascoltando qualcosa di scolastico, di pre-impostato in determinati schemi; ciò detto, possono esserci punti, lungo l’incedere dei sei brani, in cui l’influenza agli artisti presi a riferimento dai Grevisi superi i limiti della semplice ispirazione e sfoci, talvolta, in un sound derivativo.

Questo, però, rientra nell’ordine naturale delle cose, e per quanto meriti di essere sottolineato in sede d’articolo, non è un dato da mal interpretare ai fini di una valutazione serena dell’EP. Come sempre, infatti, annotazioni del genere (per casi del genere) non sono solo frutto di un lavoro di critica quanto più completo possibile su di un prodotto (in questo caso, d’esordio), ma anche manifestazione di una sincera curiosità per gli sviluppi futuri dell’artista o della band di turno.

In sunto, i Grevisi propongono un lavoro che, al di là di ogni possibile critica o apprezzamento, si dimostra meritevole dell’attenzione che l’ascoltatore decide di riservargli, lavorando duramente per restituire al pubblico un forte senso di soddisfazione all’ascolto. Se è vero che ci sono netti margini di miglioramento, è anche innegabile che chi ben comincia è a metà dell’opera. E qui, si è cominciato bene.

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