Prodotto dalla Soter Label, il duo dei Simple Mood ci presenta un album intenso, variopinto, e con punti forti saldissimi.
Blues, funky, elettronica sì, elettronica no, un po’ di dance, una ballad che sfocia in un tragico (e potente) alternative.
Radice, il primo LP dei Simple Mood, è un importante insieme di singoli dalla chiara identità, ben scindibili e catalogabili, tra punti di forza assolutamente lampanti e declinazioni di (alcuni) generi assolutamente elementari, ma trascinanti al punto giusto da riuscire nell’intento di dare più colore ad un album che trionfa così nello scorrere tranquillo, senza mai far distogliere l’attenzione da sé, in un simpatico sali-scendi di quaranta minuti circa.
I punti di forza cui accennavo, e che si stagliano lungo gli undici brani che compongono l’album, concernono aspetti diversi della produzione e delle qualità intrinseche dei musicisti che compongono il duo, Raffaele Cerella e Luigi Merone: si parte dalla voce di Cerella, calda e potente (nonché davvero carismatica, e a tal proposito vi racconto che – memore di un mio vecchio articolo proprio sull’uscita del singolo ‘Collisione’ – nel momento stesso in cui mi sono messo alla prova nel riascoltare i Simple Mood per vedere quanto mi ricordassi delle loro produzioni, la voce è stata subito un elemento familiare che ha decisamente spalancato le porte della mia memoria); si passa per l’utilizzo dell’elettronica, che permea un discreto numero di brani riuscendo sì ad essere protagonista, ma senza mai risultare invadente o scalzante a danno del resto degli strumenti utilizzati.
Effettistica ed elettronica aiutano tantissimo proprio in singoli come Collisione, Dimenticare o anche Comodo. La chitarra è un altro incredibile pro della produzione, con un ruolo sempre prevalente e con una capacità di adattamento non indifferente di genere in genere man mano che si scorre la lista di canzoni; batteria e piano, invece, svolgono il loro lavoro prendendosi una sana fetta di protagonismo in specifici momenti: la batteria brilla di luce propria nelle sezioni ritmiche di Penso Troppo, brano che si costruisce musicalmente proprio sul timore e l’ansia che le percussioni restituiscono, mentre invece il piano danza con la chitarra acustica in La prossima emozione.
L’album, risulterà chiaro, fa bene quasi tutto e lascia davvero poco spazio alle criticità. Certo, Neve è un brano che arranca nel far breccia nei miei gusti, ma non faccio fatica a credere che, per quanto mi dia l’idea di essere l’anello debole della produzione, possa comunque colpire qualcuno tra voi ascoltatori. De gustibus, no?
Non biasimo, poi, la scelta di rimanere classici e scolastici nella proposizione di certi generi, come il blues: Ho ucciso la mia donna, così come la sezione di Nulla in cui si lascia spazio alla chitarra elettrica, sono cosa gradita in un progetto che non vuole reinventare nulla, ma colpire piuttosto con la varietà di suoni e temi musicali proposti. Aggiungo che, per quella che è la mia esperienza d’ascolto, una delle cose da imparare è che la capacità di scrittura si misura anche nell’abilità di un autore di scegliere, in un ampio parco di generi, quello più indicato per la narrazione che vuole costruire. In sunto, Ho ucciso la mia donna non potrebbe essere altro che un pezzo blues, e funziona perfettamente proprio perché ne riprende i paradigmi classici e li applica pedissequamente.
Certo, l’invito ad osare è sempre valido, ma non prescinde necessariamente sul giudizio qualitativo di quanto invece sia stato fatto finora. Identico è il discorso per le note funky presenti nell’album.
In chiusura, sottolineo che la natura dell’album è estremamente ambivalente sotto l’aspetto dell’organicità che c’è tra i brani: se musicalmente lo stacco tra i vari generi è fin troppo marcato, faticando a dare un corpo vero e proprio a questo LP, è nell’ambito lirico che si rende chiarissimo il fil rouge fatto di introspezione, riflessione, un percorso tra emozioni e stati d’animo che si compie nel lungo andare delle undici tracce.
Credo, a questo punto, che non si possa che valutare positivamente Radice, e premiare i Simple Mood con un plauso da parte di critica e pubblico per la direzione ricca che hanno preso artisticamente. La curiosità su cosa possano proporre in futuro si fa a questo punto altissima, sperando soprattutto che questa varietà di suoni e generi venga mantenuta e, contestualmente, evoluta.