Pubblicato l’11 Giugno, Mosaico è l’album d’esordio dei Dafne. Nove brani, minuto dopo minuto, un intreccio da raccontare e un’immagine da costruire. È un mosaico per davvero, e ad esser raffigurata è la variopinta anima dei Dafne.

Dritti al punto: Apogeo Records, album d’esordio, nove pezzi per circa trentacinque minuti di ascolto. R&B, ritmica spesso jazzata, qualche accenno rockeggiante qui e là, tante le influenze di suoni e culture d’altra epoca così come d’altre parti del mondo.

I Dafne compongono un Mosaico di storie e note, e lo fanno con cura, metodicità e tanta attenzione al prodotto, alle sue fila e a come deve scorrere dall’inizio alla fine. Mosaico è il lavoro di giovani artigiani, e ciò è lampante sin dal primo ascolto.

Ogni brano ha la sua storia, ogni storia ha il suo genere, le sue variazioni, le sue influenze. Se da un lato, infatti, eviterei di parlare di generi specifici (fatta pace per gli accenni, volutamente vaghi, di poco prima), dall’altra parte voglio compensare elencando le caratteristiche cardine dell’LP, quelle che senti dal primo sino all’ultimo brano, quelle che potremmo definire i colori del Mosaico dei Dafne: un tono spesso fiabesco, con costruzioni molto melodiche, che restituiscono una sensazione di sospensione tra sogno e realtà, attenzione spiccata alle ritmiche (Piombo fuso ne è un ottimo esempio) e testi che raccontano benissimo storie diverse ma assai accomunabili da medesimi topoi come ad esempio il ricordo.

Certo, pur dovendo parlare dell’opera in toto, non posso mancar di dire che ho trovato la seconda parte dell’album davvero più accattivante e spiccata, a tal punto che proprio nella seconda parte si trovano i due pezzi di cui ho goduto di più e che riascolto davvero volentieri: Marta non lo sa e Yara. La prima che racconta di tutto quel che può significare uscire dalla propria zona di comfort, la seconda che è invece una preghiera laica a tre voci, ma non vado oltre nella descrizione e vi cedo il piacere della scoperta.

Va detto, però, che nonostante la qualità dell’album (soprattutto nell’esecuzione delle musiche e nella splendida voce di Paola Cerullo), una nota storta è facilmente riscontrabile. Tale nota storta, per quel che ho potuto riflettere, è nel canto di Valerio Sirignano, che fa tanto bene con la chitarra tra le mani, ma perde in espressività e carisma nelle esecuzioni canore. Voce poco carica che mi ha dato tanto a cui pensare; la domanda infatti era sempre la stessa: cos’è che non funziona? Azzardo la mia: Sirignano non riesce (quasi mai) a seguire la melodiosità dei brani, e pur riuscendo a seguire abbastanza bene la ben più impostata Cerullo, nei momenti in cui invece fa da prima voce crolla totalmente, tranne che in un singolo caso: Piombo fuso. In quest’ultimo brano, infatti, la voce di Sirignano – così come il suo modo di cantare – trova un senso e si rende ben più gradevole.

Fingendo di avere dunque un ponte di comunicazione diretto con la band, direi loro che probabilmente il difetto riscontrato è risolvibile (o comunque senz’altro attenuabile) con un ripensamento su come impostare le voci nei propri brani. Potenzialmente, infatti, le voci di Valerio Sirignano e di Paola Cerullo possono portare a fasi e motivi completamente diversi, rendendo i brani ancor più variegati e variopinti di quanto non lo siano già le nove tracce di Mosaico, che però soffrono l’aver sfruttato male la voce maschile del gruppo.

Insomma, andando a concludere, Mosaico è un lavoro preciso, ragionato e in alcuni brani anche fortemente e sentitamente ispirato. È un LP che segna un esordio maturo, un primo approdo importante, e un primo step da cui attuare una serie di (poche) correzioni per continuare al meglio la corsa verso nuova musica. In soldoni, direi che il Mosaico dei Dafne mostra bene il loro spirito.

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