Operetta all’Arena del Mare, lunedì 27 luglio alle ore 21:00: La Vedova molto Allegra. In scena un cast di giovani professionisti diretti da Fortuna Capasso
Il sipario è pronto ad aprirsi su un mondo in cui tutti sono baroni o almeno visconti; in cui scorre lo champagne e i locali notturni sono pieni di donnine allegre, i mariti vedono solo le corna altrui e non le proprie. Un mondo in cui ci si veste in frack e si balla il valzer, la politica si fa alle feste da ballo, i bilanci statali si salvano sposando le belle ereditiere.
Lunedì 27 luglio alle 21 l’Arena del Mare di Salerno ospita “La Vedova (molto) allegra”, riadattamento dell’operetta di Franz Lehar a cura di Fortuna Capasso, simbolo del genere stesso, punta di diamante della “silver age”, imbattuto cavallo di battaglia tra i due secoli.
Rispetto al libretto poche le variazioni in questi 120 minuti, soprattutto nei testi musicati che rimangono fedeli all’originale. Piccoli ma efficaci invece (si spera!) gli accorgimenti nella parte recitata, laddove il copione si smussa e alleggerisce lasciando a casa “paroloni” e termini obsoleti a favore di un linguaggio più fresco e divertente che prende in prestito frasi e modi di dire più vicini alle nuove generazioni. Infine la caratterizzazione dei personaggi qui più estrosa e divertente aggiunge al titolo quel “molto” che tutto cambia.
TRAMA E PROTAGONISTI All’ambasciata del Pontevedro a Parigi, c’è grande fermento. Sta arrivando la signora Anna Glavari, giovane vedova del ricchissimo banchiere di corte, interpretata da Rosaria Armenante. Nei panni dell’ambasciatore, il Barone Zeta, Massimiliano Palumbo (attore della Compagnia dell’Arte). Ironico e stralunato, ha ricevuto l’incarico di trovare un marito alla vedova per conservare la dote della signora. Poi c’è Njegus, cancelliere un po’ pasticcione, interpretato, stranamente e per la prima volta, da una donna. Scelta coraggiosa per la regista dello spettacolo Fortuna Capasso che, nel suo travestimento un po’ ambiguo (in realtà non ci farà capire “da che parte sta”) fa da collante con tutti i personaggi in scena. Il conte Danilo, sarà il tenore Salvatore Minopoli, che per la vedova potrebbe andare benissimo. Riflesso dell’ipocrisia borghese, è uno uomo che sperpera tutti i suoi averi nelle donne e nell’alcool. Frattanto si snoda anche la storia d’amore che vede protagonisti Valencienne (Rosita Rendina) giovane moglie di Zeta, e Camillo de Rossillon (Gaetano Immanuel Amore) un diplomatico francese. Completano il cast ed incorniciano la storia Antonio Palumbo (Cascadà) Giuseppe Toscano (St Brioche) Domenico Ventriglia (Bogdanowitsch) il corpo di ballo del Professional Ballet di Pina Testa, le incursioni break dell’Associazione Dedalo, Maurizio Iaccarino al pianoforte e dieci coristi.
In scena e dietro le quinte giovani professionisti accomunati dall’amore per arte. Poche le prove, tanta l’emozione: post covid il palcoscenico li attende e loro non vedono l’ora che si accendano le luci sul palco. Direttore di palcoscenico Ferdinando De Filippo, scenografie GFM di Giuseppe Petti con l’aiuto di Francesco Sommaripa, allestimento scenico Giulia Bove e Giusi Giuliano. Firmano le coreografie Pina Testa, Monica Micali, Davide Raimondo. Costumi Sartoria Emanuelle e Teatronovanta.