Personale di Maria Gagliardi, ” Ciò che il tempo fa cambiare, e non il nome, che non varia mai“, sabato 7 dicembre ore 18:00 presso la Galleria Centometriquadri Arte Contemporanea di Santa Maria Capua Vetere
Si inaugura sabato 7 dicembre alle ore 18 presso la Galleria Centometriquadri Arte Contemporanea di Santa Maria Capua Vetere (via Santagata, 14) la personale di Maria Gagliardi dal titolo “Ciò che il tempo fa cambiare, e non il nome, che non varia mai”. L’esposizione è a cura di Antonello Tolve. La mostra rientra nel progetto Tutti i nomi #2 e si svolge sotto il patronato della Fondazione Donnaregina per le Arti Contemporanee di Napoli. Sarà aperta al pubblico fino al prossimo 26 gennaio 2020.
Seconda tappa di un programma legato a Jose Saramago, Ciò che il tempo fa cambiare, e non il nome, che non varia mai pone al centro dell’attenzione una figura eccezionale dell’arte il cui tessuto creativo muove dal recupero di un passato nostalgico e fluttuante per farsi catalogo d’un mondo sovra storico, in cui si generano piacevoli interferenze, ponti metafisici che uniscono le cose, che le sottolineano, che le collegano tra loro e le inseriscono in un discorso denso di rimandi al mondo della tecnica e della moda, del disegno industriale e dell’artigianato, della scuola e delle humanae litterae, della femminilità.
Facendo propria la tecnica dell’estraniamento, il lavoro di Maria Gagliardi si divide a volte in sensazioni sovrapposte, altre si concentra in un unico punto per lasciare spazio a un nome dimenticato, a un volto sbiadito, a pagine isolate dal loro contesto originario – un quaderno di scuola, un libro, un atto notarile, un documento anagrafico, monetine e specchietti, chiavi di antichi cassetti o tiralinee per inchiostro grasso – per concepire una personale filografia dall’unità discorsiva fantastica, data in primis dall’utilizzo del collage: «la mia ricerca mi spinge a rapportarmi sempre diversamente con la tecnica del collage, elaborando e sperimentando nuove soluzioni».
L’artista costruisce per l’occasione dispositivi – la stessa mostra è intesa in sé come un dispositivo – in cui si concentrano oggetti muti, immagini di un passato rannicchiato e che risorge, a fiotti d luce, per irrompere nella coscienza dell’uomo con la speranza di far veder riflesse, tra parole oggetti o volti che non esistono più, qualcosa che ha a che fare con la memoria collettiva.
Con una serie di lavori recenti – tra questi le Macchine fuori tempo (2019), le teche che compongono Il nome dell’anima (2019) e le eleganti installazioni Nonsuono (2019) dove l’artista estroflette la superficie e recupera lo spazio espositivo mediante l’utilizzo di rotoli traforati per organetto – Maria Gagliardi modella, per questa sua prima mostra in galleria, un teatro delle meraviglie in cui lo spettatore è invitato a perdersi, ad assaporare lacerti della memoria, a leggere l’ampio e luminoso spettro di un tempo che torna sulla soglia del presente come archeologia del moderno.