Intervista a Luigi Di Vaia e Agostino Cuccaro, curatori della mostra “Rocco Borella / Jorrit Tornquist – coloristi a confronto” visitabile al PAN di Napoli dal 22 maggio al 10 giugno 2019.
Innanzitutto, grazie per l’attenzione che state dando a questo importante evento organizzato al PAN di Napoli. Colgo l’occasione per ringraziare anche l’ass. Gaetano Daniele, per averci concesso gli spazi del PAN, l’archivio Rocco Borella, Jorrit e Rossella Tornquist, per la preziosa e costante collaborazione, e il prof. Luciano Caprile che ha curato il testo in catalogo. Segnalo che saranno tutti presenti al vernissage che ci sarà mercoledì 22 maggio 2019, alle ore 17,00.
- Napoli, una città che ha un legame profondo con l’arte, ma che non aveva mai ospitato un’esposizione dedicata al colorismo, perché è stata scelta la Città di Partenope?
Napoli è una delle pochissime città europee in cui si respira l’arte in ogni dove. In cui i diversi periodi storici si sono amalgamati e non solo stratificati. Negli anni è diventata un punto di riferimento internazionale per l’arte contemporanea, prima col grande Lucio Amelio, poi grazie al lavoro incessante di gallerie private e Musei pubblici. Napoli è e sarà sempre un grande trampolino di lancio e anticamera di amplificazione per l’arte internazionale. Il colorismo è una ricerca che ha radici antiche ma che possiede ancora tutta una filosofia dell’arte che si sta giocando nel contemporaneo, siamo sicuri che Napoli sarà un grande riferimento per questa arte del modus pingendi intima e comune ad ogni artista su scala internazionale.
- Ci parli in maniera più approfondita di questo movimento pittorico.
La mostra nasce con l’intento di approfondire un elemento che accompagna da sempre l’uomo: “il colore”.
Yves Klein affermava: “l’uomo è esiliato lontano dalla sua anima colorata”. ll colore, di fatto, è in grado di esprimere in modo diretto emozioni, passioni, erotismo…esperienze e necessità dell’Uomo di ogni epoca.
Esistono, nell’arte contemporanea europea, tantissimi Autori che hanno utilizzato il colore e la luce che lo caratterizza come parte principale del proprio linguaggio. In questa mostra mettiamo a confronto il lavoro di due maestri assoluti del colore, ma con un diverso approccio alla ricerca.
Lavoriamo da tempo a questo evento e per l’occasione saranno esposte opere museali, sia di Borella sia di Tornquist. Lo spettatore potrà entrare in contatto con realtà di tele colorate che esprimono intima contemplazione del colore come superficie pittorica estesa come nel caso di Tornquist ed esperimenti di colore con pesi e forme che danno al colore densità cromatiche esplosive come nel caso di Borella.
- Un italiano, Rocco Borrella, e un austriaco, Jorrit Tornquist, perché scegliere di mettere a confronto proprio questi due esponenti del colorismo?
Perché secondo noi non esiste mostra “esaustiva” di un argomento, si può solo esprimere un punto di vista, essere da stimolo per approfondire l’argomento… Ecco perché abbiamo scelto di esporre le opere di Rocco Borella e Jorrit Tornquist, nato Graz, in Austria, e cittadino italiano dal 1992. Non è stata una scelta di campanilismo o simpatia. Sicuramente ha giocato anche la passione dei curatori per il lavoro di questi maestri, ma soprattutto c’interessa confrontare il loro diverso porsi verso il “colore”. Tornquist può essere definito un artista-scienziato del colore. Infatti, dal 1959, inizia la Sua ricerca artistica scientificamente incentrata tutta sul colore. Nel 1973, a Tokyo, diventa membro del Colour Center. Nel 1998 viene nominato direttore scientifico dell’Istituto del Colore di Milano. Per Tornquist il colore è “Una frequenza elettromagnetica che si unisce al rumore di fondo di un luogo e in quanto tale, colto dai nostri sensi, interferisce sul nostro stato d’animo”. Nelle sue sequenze, invece, Rocco Borella traduce l’emozione in percezione.
I percorsi creativi di Tornquist e Borella hanno punti di convergenza concettuale e altri di divergenza operativa.
Tornquist cerca di tradurre sulla tela un modulato, lento divenire narrativo che risponde alla presa di coscienza di sollecitazioni contemplative del mondo esterno e anche di quello interiore. In Borella emerge invece una più intensa esplosività narrativa. Dunque due culture differenti di colore, due modi di vedere il colore e di sentire la vibrazione colorata che convergono in una mostra che parla lo stesso linguaggio, anche se di due mondi diversi.
- Chi sono i curatori di questa iniziativa?
L’evento è curato da me, Luigi Di Vaia già collezionista e direttore del DAMA Daphne Museum Art, e dall’amico Agostino Cuccaro, appassionato e collezionista di arte contemporanea. L’idea di questa mostra è nata da una delle nostre tante chiacchierate sull’arte ed in particolare sul colore. Il progetto è iniziato quasi per gioco e man mano però ha preso forma: abbiamo coinvolto l’Archivio Borella e l’Archivio Tornquist che ci hanno supportato in ogni momento, scelto il prof. Luciano Caprile per il testo che accompagna il catalogo e finalmente il 22 Maggio inauguriamo.
Per me e Agostino Cuccaro è stato un percorso faticoso, ma al tempo stesso entusiasmante e con ottimi compagni di viaggio.
- Il DAMA Museum, un progetto artistico itinerante del tutto peculiare. Cosa riserva per il futuro?
Sicuramente quello di organizzare molte altre mostre sia collettive che personali, incentrando la ricerca su artisti emergenti, nuove tendenze dell’arte e nuovi talenti. Inoltre la nostra casa editrice si rinnoverà con un nuovo marchio e nuovi stili grafici, così come tutto l’apparato comunicativo dal web ai social. Infine stiamo cercando un nuovo spazio espositivo molto più grande per ospitare tutte le nostre opere sia archeologiche, sia d’arte antica sia d’arte contemporanea. L’anno prossimo inaugureremo anche i corsi di perizia d’arte e perizia grafologia per l’arte per insegnare una metodica fondamentale ai periti nel distinguere in modo scientifico i falsi dagli originali e come districarsi nel complesso mondo dell’arte e delle sue quotazioni di arte-mercato. Insomma abbiamo moltissimi programmi e tanto entusiasmo ed energia da investine nel futuro. D’altro canto siamo napoletani e questo basterebbe di sé.